Picchiate dalla polizia e violentate: la terribile condizione delle donne nell’ex Giungla di Calais
Ufficialmente la baraccopoli di Calais è stata smantellata, ma in realtà ci vivono ancora in molti. Donne e minorenni si trovano in condizioni di estremo disagio, rischiando violenze e aggressioni
“Prima mi ha ferita con qualcosa di tagliente, poi ha abusato di me ripetutamente e mi ha chiuso in casa per cinque mesi”. A parlare è Rishal, una ragazza eritrea di 28 anni che vive ancora nell’inferno di Calais, l’ex campo profughi situato a nord della Francia.
La 28enne racconta all’Independent dell’uomo, un trafficante di esseri umani, che ha sfortunatamente incontrato durante il suo lungo e tortuoso viaggio per l’Europa. Da tre mesi la giovane eritrea è a Calais, dove dorme in un bosco poco distante dall’ex campo, insieme a un centinaio di giovani. Il suo sogno è quello di raggiungere il fratello che vive nel Regno Unito.
Dopo aver rischiato la vita molte volte e aver vissuto esperienze altamente traumatiche, in sette mesi Rishal è riuscita a raggiungere quello che fino allo scorso anno era il più grande e pericoloso campo profughi d’Europa: la cosiddetta Giungla di Calais.
Il 24 ottobre 2016 il campo veniva sgomberato: centinaia di agenti della Compagnie Républicaine de Sécurité vennero mobilitati per l’occasione. Circa 7.500 persone, di cui 2mila minorenni, vennero spostate nei centri d’accoglienza e d’orientamento sparsi su tutto il territorio francese.
Secondo l’Ofii, l’agenzia governativa che gestisce le domande d’asilo, il 46 per cento delle persone che vivevano nel campo profughi di Calais aspetta ancora una risposta definitiva, il 42 per cento ha ottenuto l’asilo, mentre al 7 per cento è stato rifiutato.
Ufficialmente, dunque, la baraccopoli è stata smantellata, ma in realtà ci vivrebbero ancora in molti, e in condizioni peggiori rispetto a prima. Le associazioni benefiche raccontano che dal 24 ottobre dello scorso anno a oggi hanno consegnato migliaia di vestiti e sacchi a pelo.
Quando a Rishal viene chiesto come si sente, la ragazza non può negare i pericoli ai quali lei e le altre ragazze sono esposte.
“Gli stupri sono all’ordine del giorno”, racconta. “La scorsa settimana una ragazza stava salendo da sola su un camion e un ragazzo ubriaco l’ha assalita violentandola. Questo posto non è sicuro per le donne”.
Secondo l’Independent sono circa 20 le donne che certamente dormono nei pressi dell’ex campo di Calais, ma probabilmente il numero è molto più alto. La maggior parte di queste ha meno di 30 anni, alcune di loro ne hanno solo 16.
Queste giovanissime ragazze vivono tra circa 500 giovani uomini. Durante il giorno non hanno paura, ma la notte la situazione cambia.
Secondo un rapporto redatto dall’Unicef, dal 24 ottobre a oggi, circa 700 minori non accompagnati che vivevano a Calais sono scomparsi, mentre altri 750 sono stati portati al sicuro nel Regno Unito. L’organizzazione umanitaria parla di 1.000 persone che ancora oggi vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie.
Oltre a essere a rischio di sfruttamento sessuale, le donne vivono costantemente il pericolo di violenze da parte della polizia francese. Una relazione commissionata dal governo francese ha recentemente evidenziato che si sono verificati abusi sulle donne rifugiate nella zona.
“La violenza della polizia nei confronti dei rifugiati a Calais si è intensificata a livelli eccessivi e pericolosi, e la situazione complessiva dei minori non accompagnati si è deteriorata notevolmente un anno dopo lo smantellamento della Giungla”. La denuncia arriva da un nuovo rapporto dell’organizzazione no-profit Refugee Rights Data Project (Rrdp).
Il rapporto afferma che le tattiche degli agenti contro i circa 700 rifugiati di Calais includono anche l’accompagnare ragazzine in zone remote per poi abbandonarle. I ricercatori hanno utilizzato gli interpreti per intervistare 233 profughi, tra cui 94 bambini, alcuni anche sotto i 12 anni, e hanno riscontrato ripetute testimonianze sulla brutalità “sproporzionata e indiscriminata” della polizia, che comprende pestaggi abbastanza gravi da rompere gli arti.
Mercy ha 28 anni, anche lei è arrivata a Calais dopo essere fuggita dall’Eritrea e dagli abusi di un violento trafficante di esseri umani. Ha il braccio viola. “È successo la scorsa settimana”, spiega. “Stavo fuggendo dalle cariche della polizia che ci aveva scovato in un camion. Durante la corsa sono caduta ma gli agenti mi hanno lasciato lì. I miei amici mi hanno aiutato a raggiungere l’ospedale”.