“Un cittadino statunitense è stato torturato e stuprato dalle forze di sicurezza egiziane”
L'Ong Human Rights Watch denuncia in un suo report la sparizione forzata, le violenze e le torture che le forze di sicurezza egiziane hanno applicato a Khaled Hassan, cittadino egiziano e statunitense
Secondo l’organizzazione non governativa Human Rights Watch, un uomo dalla doppia cittadinanza – egiziana e statunitense – è stato sottoposto a sparizione forzata per quattro mesi e sottoposto a torture e violenze sessuali condotte dalle forze di sicurezza egiziane (NSA).
L’uomo, Khaled Hassan, 41 anni, un autista di limousine di New York, sarebbe scomparso l’8 gennaio 2018 durante un viaggio ad Alessandria, in Egitto, dove si era recato per far visita alla moglie e ai figli.
Il rapporto stilato da Human Rights Watch racconta che gli agenti dell’agenzia di sicurezza nazionale egiziana “lo hanno picchiato pesantemente, lo hanno colpito con scosse elettriche, anche sui genitali”.
È stato anche stuprato almeno due volte, ha detto HRW.
Il rapporto arriva meno di una settimana dopo che la first lady americana, Melania Trump, ha incontrato il presidente egiziano al Cairo e – secondo una dichiarazione dell’ufficio di Abdel Fatah al-Sisi – “ha espresso il suo entusiasmo per lavorare sul rafforzamento della cooperazione tra i due paesi”.
Il racconto di Hassan fornisce un quadro macabro e dettagliato di torture subite per mano della NSA, durante un periodo di quattro mesi in cui non ha avuto alcun supporto legale o contatto con la sua famiglia.
Gli agenti “lo hanno appeso per le braccia per giorni, slogandogli entrambe le spalle. Gli hanno ripetutamente dato scosse elettriche alla testa, alla lingua, all’ano, ai testicoli e alla zona inguinale”, secondo il rapporto.
Nonostante gli sforzi della famiglia di Hassan per ottenere informazioni su dove fosse dalle autorità egiziane immediatamente dopo la sua scomparsa, è stato solo il 3 maggio che i parenti hanno appreso della sua prigionia. Le autorità egiziane hanno riferito a Human Rights Watch che Hassan è stato arrestato solo quel giorno.
Hassan è comparso davanti a un procuratore militare ed è stato accusato, insieme a centinaia di altri, di essersi unito a una cellula dello Stato Islamico nella provincia settentrionale del Sinai, in Egitto, per spiare l’esercito e attaccare il paese.
Hassan nega di essersi unito allo Stato Islamico. Ha raccontato di essersi semplicemente recato a far visita a sua moglie e ai suoi figli, che vivevano in Egitto, come spesso faceva.
Secondo Human Rights Watch dei medici hanno operato sulle ferite di Hassan senza anestesia, quindi hanno aspettato che le sue ferite visibili guarissero prima di presentarlo al processo militare di maggio.
Human Rights Watch ha aggiunto che gli agenti della NSA hanno fatto irruzione nella casa della famiglia Hassan ad Alessandria poco dopo il suo arresto.
In quell’occasione hanno chiesto alla moglie, Liuba Skateeff, che è peruviana, di lasciare il paese insieme ai loro tre figli egiziani-americani.
Il servizio di informazioni sullo stato dell’Egitto ha riconosciuto la detenzione di Hassan, ma ne nega la sparizione forzata e le torture, rispondendo alle domande di Human Rights Watch.
Hassan è ancora prigioniero in detenzione preventiva nel carcere di Istiqbal Tora, ha dichiarato Human Rights Watch, aggiungendo che non ha cibo a sufficienza e un’assistenza sanitaria scorretta. Nessuna data è stata fissata per il suo processo.
Sotto il presidente Abdel Fatah al-Sisi, decine di migliaia di persone sono state imprigionate, inclusi oppositori politici e critici del governo, spesso con accuse di aver commesso atti di terrorismo o di arruolarsi in gruppi considerati illegittimi.
Il caso non può non riportare alla memoria la vincenda di Giulio Regeni, il ricercatore friulano barbaramente torturato e ucciso nel 2016 e sulla cui morte molte domande restano aperte.