Viaggio dentro la città della spazzatura al Cairo
Il reportage di TPI sul quartiere della capitale egiziana dove 120mila persone vivono raccogliendo rifiuti. Il 40 per cento di loro ha contratto l’epatite B
Le colline di spazzatura si ergono alte quattro metri. Strade di sacchi di juta disegnano la pianta della città. Donne, uomini e bambini sono chini sull’immondizia: si ricicla.
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La plastica da una parte, la carta dall’altra. Sono gli scarti degli uomini, lavorati dagli scarti della società. L’alluminio è il più redditizio, si può festeggiare quando lo si trova.
Sorridono e salutano in mezzo all’inferno, all’epatite B e alla povertà. In mezzo al tetano e all’indifferenza.
L’Egitto è la restaurazione di al-Sisi, con un ossessionato controllo capillare della società; il fermento artistico sotterraneo, espressione di una rivoluzione che ha cambiato faccia; e la Garbage Town, immutabile quartiere del Cairo, dove 120mila persone vivono e lavorano nel riciclaggio dei rifiuti della metropoli egiziana.
I raccoglitori di spazzatura
Sono gli Zebelin, “i raccoglitori di spazzatura”, in maggioranza cristiani copti. Scivolano di notte sulle strade della città, salendo le scale dei palazzi per recuperare l’immondizia prodotta dai cairoti.
Il viaggio parte da sei centri sparsi su tutto il territorio della “grande Cairo”, anche se l’area di stoccaggio più estesa è quella di Muqattam, una collina sulla cui cima si trova il santuario di San Simone il calzolaio. Sui camion, i pick-up, le motociclette e le bici ammassano il materiale che durante la giornata viene lavorato e venduto ad aziende specializzate nel riutilizzo di materiali usati.
(Nella Garbage Town del Cairo. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
Le 30 milioni di persone che abitano la metropoli egiziana producono in media ogni giorno 25mila tonnellate di spazzatura. Di questa mole di rifiuti solo 4mila tonnellate sono stoccate dalle due aziende che detengono contratti ufficiali con il governo. Il lavoro certosino degli Zebelin porta a raccogliere in media circa 18mila tonnellate ogni giorno. La restante parte rimane sulle strade della capitale egiziana, rendendo Il Cairo una delle città più sporche al mondo.
La battaglia per il riconoscimento di questa fetta di società cairota parte da lontano. Era l’inizio degli anni Cinquanta quando a causa dei cambiamenti climatici, i contadini e gli allevatori che abitavano il medio Egitto hanno lasciato le loro terre per spostarsi nella capitale. Nel 1969 l’ex primo ministro Gamal Abd el-Nasser decise di spostare gli emigrati copti, già dediti al recupero della spazzatura, nella zona di Muqattam.
(Bambini giocano con un maialino nella Garbage Town del Cairo. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
“Il governo e le sue ramificazioni locali ci hanno da sempre ignorato e marginalizzato, perpetuando un atteggiamento di ostracismo silenzioso”, dice a TPI Ezzat Naem, fondatore dell’ong Spirith of the Youth nella sala conferenze della sede dell’organizzazione.
“Da più di dieci anni lavoriamo a contatto con gli Zebelin”, dice mostrando i progetti in atto per migliorare le condizioni di vita della Garbage Town. “Nel 2004 abbiamo aperto una scuola che ha come obiettivo la professionalizzazione della figura del raccoglitore”.
L’istituto si trova all’ombra della collina che ospita il santuario. All’interno della scuola gli insegnanti fanno lezioni di arabo, matematica, inglese e informatica ai circa mille alunni dell’area. “Grazie ai soldi provenienti dalla fondazione di Melinda e Bill Gates, circa un milione di dollari in un anno, abbiamo strutturato un progetto sulla regolarizzazione degli Zebelin”, dice il fondatore di Spirit of the Youth.
(Nella Garbage Town del Cairo. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
La regolarizzazione degli Zebelin
I raccoglitori della Garbage Town del Cairo operano agli occhi della legge in modo informale, senza alcun tipo di certificato e garanzia.
“È da due anni che cerchiamo di incoraggiare gruppi di 10-15 soci, famiglie in buoni rapporti tra loro, a formare delle società”, continua Naem. “A settembre scadranno i contratti delle due società che operano nella raccolta di immondizia e abbiamo intenzione di partecipare ai bandi per regolarizzare la posizione degli Zebelin”.
A oggi sono state avviate le pratiche per la creazione di 85 compagnie specializzate in raccolta e smistamento dei rifiuti.
“L’appalto dato dal governatorato del Cairo alle due aziende ufficiali è il frutto di un sistema che in passato era profondamente corrotto e clientelare”, spiega Naem. “Si riceve denaro pubblico senza provvedere effettivamente al recupero delle spazzatura”.
I dati supportano le parole del rappresentante di Spirit of the Youth, che rincara: “In qualsiasi caso, contratti o no, gli Zebelin sono al Cairo e qui rimarranno”. Nonostante le rassicurazioni dei politici espresse recentemente sui media nazionali, la preoccupazione di Ezzet è la conseguenza di anni di silenzio da parte delle istituzioni. “Il governo non si è mai occupato della nostra situazione, ma in realtà sanno quanto vitale sia il lavoro che svolgiamo per la città”, dice.
(Bambini giocano nella Garbage Town del Cairo. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
La Garbage Town è viva. Immagini di madonne e croci colorano le facciate dei negozi e dei caffè. Le strette strade del quartiere sono piene di studenti in uniforme, mentre i pick-up e i camion compiono difficili manovre di guida per districarsi nel caos e portare i rifiuti nell’area addetta al riciclo del materiale.
Bassem è uno Zebelin da tutta la vita. Ha 29 anni, due figli di 3 e 4 anni, alleva maiali ed è specializzato nello smistamento della plastica. Le strade che portano alla casa del cairota sono coperte da uno strato di rifiuti: l’odore penetrante si attacca alla pelle.
Tra i residui di immondizia cani randagi, capre, mosche e bambini condividono lo stesso spazio. In un’area libera dalle costruzioni si erge un edificio di legno adibito a caffè. Una panchina di legno e quattro sedie di plastica ospitano le famiglie della zona. Tra risate, tè, narghilè e incomprensioni linguistiche, Bassem mostra il tatuaggio della croce sul suo polso destro. “Viene fatto all’età di due anni per ricordare la nostra fede, le radici”, dice.
(Il tatuaggio con la croce. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
La situazione sanitaria della Garbage Town è disastrosa. Circa il 40 per cento degli abitanti ha contratto l’epatite B, mentre tetano e malattie della pelle sono comunissime. Nell’area non è presente alcun ospedale pubblico. Le poche Ong che operano a Muqattam si fanno carico, grazie alle donazioni dall’estero e dai confini nazionali, della sanità.
Oltre alla già citata Spirit of the Youth, anche altre associazioni come A.P.E, Association for the Protection of the Environment, e la chiesa copta lavorano nell’area con diversi progetti, molti dei quali relativi all’educazione nel trattamento di rifiuti pericolosi per la salute o per contrastare la diffusione di malattie ben radicate. “Nella nostra clinica di Tura sono passate oltre 9mila persone affette da epatite B”. Siada Greiss, presidente dell’A.P.E. conferma a TPI la drammaticità della situazione: “Abbiamo ravvisato anche molti casi di anemia, diabete, glaucoma e epatite C”.
(Maiali nella Garbage Town del Cairo. Credit: Sabrina Duarte e Davide Lemmi. L’articolo continua dopo la foto)
La battaglia sugli appalti di settembre 2017 è un punto fondamentale per regolarizzare la figura dello Zebelin. Ottenere l’ufficialità può essere l’inizio per la comunità di un percorso di integrazione nella società cairota. Un’ulteriore segnale di indifferenza potrebbe generare nuove tensioni, mostrando un continuum tra il nuovo corso del Presidente Abd al-Fatah al-Sisi e i vecchi rapporti clientelari della gestione Mubarak.
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