La Cirenaica vuole proibire l’ingresso ai cittadini statunitensi come risposta a Trump
L'annuncio è arrivato dalle autorità di Tobruk, vicine al generale Khalifa Haftar, che combattono contro il governo di Tripoli, l'unico riconosciuto dalla comunità internazionale
Il governo libico che controlla la Cirenaica ha fatto sapere che potrebbe proibire l’accesso al proprio territorio ai cittadini statunitensi, dopo che Donald Trump ha proibito l’ingresso di cittadini libici negli Stati Uniti. A riferirlo è stata l’agenzia di stampa Reuters.
Il governo di Tobruk, guidato da Abdullah al-Thinni, è strettamente legato al generale Khalifa al-Haftar e non è riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale.
Haftar e al-Thinni si oppongono al governo di accordo nazionale con base a Tripoli, presieduto da Fayez al-Sarraj e riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Secondo il governo di Tobruk, queste misure sono necessarie per rispondere a “una pericolosa escalation contro i cittadini libici, mettendoli sullo stesso piano dei terroristi contro i quali le nostre forze armate stanno combattendo”.
Non è ancora chiaro come e quando verrà applicata tale misura.
La Libia è tra le otto nazioni incluse nel travel ban confermato e aggiornato domenica 24 settembre dal presidente Donald Trump. Oltre ai cittadini del paese nordafricano, sarà negato l’asilo negli Stati Uniti anche a chi proviene da Iran, Siria, Yemen, Somalia, Corea del Nord, Ciad e Venezuela.
Il divieto di accesso al territorio statunitense per i libici è giustificato, secondo l’amministrazione di Washington, a causa della “significativa inadeguatezza dei protocolli di gestione delle identità” dei propri cittadini da parte delle autorità del paese nord africano.
In questi mesi il Travel Ban è stato oggetto di una serie di sfide legali e di numerose proteste su vasta scala, e sulla sua validità dovrà esprimersi a ottobre la Corte Suprema degli Stati Uniti.
Il tribunale aveva giudicato discriminatoria la decisione di impedire l’arrivo nel paese ai cittadini provenienti da Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen sulla base di un ricorso dello stato delle Hawaii.
L’Unione Americana per le Libertà Civili (ACLU) ha dichiarato che l’aggiunta dei nuovi paesi “non oscura il fatto che l’ordine dell’amministrazione sia in realtà ancora un divieto musulmano”.
Non è ancora chiaro come la nuova proclamazione del presidente, che modifica diversi elementi chiave, influirà su quella sfida legale.