Cioccolato a rischio: “Nel 2038 potrebbe non esserci cacao per tutti”
Cioccolato a rischio: “Nel 2038 potrebbe non esserci cacao per tutti”
Nel 2038 l’alimento anti-depressivo per eccellenza potrebbe non essere più disponibile per tutti: stiamo parlando del cioccolato, che secondo l’allarme lanciato dalla geopolitologa francese Virginie Raisson, per anni membro del consiglio di amministrazione di Médecins sans frontières, diventerà un vero e proprio bene di lusso. Il motivo? “Per la combinazione di una serie di ragioni”, spiega Raisson nel suo ultimo libro, 2038 Atlante sui futuri del mondo. “La prima è che nei Paesi emergenti la domanda di cioccolato sta aumentando esponenzialmente. Soltanto in Cina il consumo medio di cacao, che nel 2010 superava a malapena i 40 grammi a testa all’anno, nel 2014 era già aumentato del 75 per cento. A questo ritmo, la Cina potrebbe piazzarsi al secondo posto tra i Paesi consumatori di cacao prima della fine di questo 2020”.
Ma non solo. La causa è da ricercare anche nei cambiamenti climatici, che influiranno potentemente sulle abitudini alimentari dell’uomo. “Per crescere – scrive l’esperta – le fave di cacao hanno bisogno di molta pioggia, ma le aree tropicali piovose sono in diminuzione”. Il rischio, dunque, non sarà quello di non trovare mai più cioccolato sui banchi dei supermercati e quindi sulle nostre tavole, ma che il “vero” cioccolato, quello ricavato dalle fave di cacao, diventi un alimento sempre più raro e quindi costoso. In questo modo, solo le élite potranno comprarlo, mentre il resto della popolazione mondiale si ridurrà a consumare barrette industriali in cui il cacao sarà sostituito magari da altri ingredienti come la frutta secca, lo zucchero, il latte, l’uvetta, il riso e vari tipi di olio, tra cui quello di palma.
Nel lanciare quella che è a tutti gli effetti una provocazione, Raisson tuttavia spiega che l’emergenza può ancora rientrare. “La prima cosa da fare – scrive nel suo libro – è puntare sulla ricerca, per sviluppare semi di cacao resistenti al cambiamento climatico. In Africa e e in Europa ci sono già diversi centri pubblici e privati che se ne occupano: in Francia, per esempio, il tema è già all’ordine del giorno dell’Inra, l’Institut national de la recherche agronomique. L’unico problema è che per ora il cioccolato prodotto con questi semi non ha un gusto eccellente”.
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