Chi sono i curdi e perché non sono mai riusciti ad avere uno loro Stato
Perseguitati, deportati, uccisi e costretti a essere "smembrati" tra più paesi, senza avere una loro Patria. Chi sono i curdi e perché in questi giorni se ne sta parlando tanto
Chi sono i curdi e perché non sono mai riusciti ad avere uno loro Stato indipendente
Il 9 ottobre 2019 la Turchia ha invaso la Siria del nord per “liberarla dai terroristi” curdi, dopo che le truppe americane che sostenevano i curdi, si sono ritirate dall’aerea. Le milizie curdo-siriane stanno combattendo per “difendere ad ogni costo” il territorio.
Gli Stati Uniti si sono ritirati per permettere alla Turchia di creare una specie di “safe zone”, una zona cuscinetto, tra il confine meridionale turco e quello settentrionale siriano. Una decisione simile era attesa da tempo, ma è comunque arrivata all’improvviso, e tra lo sconcerto dei paesi europei. La decisione è stata vista come un “tradimento” di Trump nei confronti dei curdi, che si trovano proprio nella stessa area che la Turchia vuole “liberare”, e che sono considerati “terroristi” da Erdogan. Ma chi sono i curdi, perché per secoli non sono mai riusciti ad avere un loro stato e quali sono i loro rapporti con gli altri Paesi dell’area?
Chi sono i curdi
I curdi sono un gruppo etnico che vive prevalentemente in un territorio noto come Kurdistan, che comprende la Turchia sud-orientale, l’Iran nord-occidentale, l’Iraq settentrionale e la Siria settentrionale, l’Armenia e l’Azerbaigian. Comunità curde vivono anche nella Turchia occidentale e in Europa, in particolare in Germania e nei paesi scandinavi. Si stima che i curdi nel mondo siano tra i 30 e i 45 milioni di individui. Si tratta di uno dei maggiori gruppi etnici privi di uno stato nazionale. In Medio oriente si tratta comunque del quarto gruppo etnico per grandezza dopo arabi, persiani e turchi.
Alla fine della prima guerra mondiale, dopo il crollo dell’Impero ottomano, sarebbe dovuto sorgere uno stato curdo, in base a quanto previsto dal Trattato di Sèvres del 1920. Ma questa promessa fu disattesa, i curdi non ebbero mai un loro stato nazionale e furono destinati a essere una minoranza sparpagliati in diversi paesi.
I paesi in cui i curdi vivono hanno spesso e in diverse epoche attuato una forte repressione nei loro confronti, dall’Iran all’Iraq, dalla Turchia alla Siria. La repressione dei curdi è stata attuata attraverso violenze, esecuzioni sommarie, deportazioni di massa, bombardamenti di villaggi e attacchi con armi chimiche.
Il rapporto con la Turchia
Ankara ha sempre visto i curdi, in particolare negli ultimi anni, come una minaccia alla propria sicurezza nazionale. La Turchia considera le milizie dell’Ypg, le unità combattenti di protezione popolare curde, un’organizzazione terroristica, proprio come il Pkk, il partito dei lavoratori curdo. Le milizie dell’Ypg hanno combattuto contro l’Isis in Siria. La Turchia ha sempre ostacolato ogni tentativo dei curdi, e del Pkk, di ottenere uno stato autonomo e indipendente. I curdi in Turchia rappresentano il 18-20 per cento dell’intera popolazione. Si tratta quindi di una fetta molto consistente di popolazione, le cui mire indipendentiste non fanno dormire sonni tranquilli ad Ankara.
Il sostegno degli Stati Uniti ai curdi
Quando nel 2014 iniziò la guerra contro l’Isis, che si stava espandendo a macchia d’olio in Siria e Iraq, gli Stati Uniti “usarono” le milizie curde per combattere quella guerra al loro posto. Questa alleanza creò non pochi problemi tra Usa e Turchia, entrambi membri della Nato.
La decisione di allontanare le truppe Usa dall’area, che ha fatto precipitare gli eventi e spinto la Turchia a invadere la Siria settentrionale, come abbiamo già visto è stata definita un vero e proprio “tradimento” di Trump al popolo curdo.
Molti analisti hanno visto un voltafaccia di Washington a quegli stessi curdi che erano stati così necessari nella guerra contro l’Isis in Siria. Lo scorso 7 agosto Stati Uniti e Turchia avevano trovato un’intesa per la creazione di una sorta di safe zone, zona cuscinetto al confine sud della Turchia, nella zona confinante al territorio occupato dai curdi. Lo stesso accordo prevedeva il ritiro dei curdi dal confine, e la protezione degli stessi da parte di Washington.
In quella stessa zona cuscinetto Erdogan vuole trasferire un milione di profughi siriani che sono scappati in Turchia dopo la guerra civile, come abbiamo spiegato in questo articolo.
Il ruolo dei curdi nella guerra contro l’Isis
I combattenti curdi, i peshmerga in Iraq e i miliziani delle Unità di difesa del popolo (Ypg) in Siria, erano (e sono) le due forze riconosciute sul campo che hanno combattuto e stanno tuttora combattendo contro l’Isis e, di fatto, a fianco della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. I Peshmerga, i combattenti curdi iracheni – letteralmente coloro che affrontano la morte – sono attivi nel nord dell’Iraq, e sono gli stessi che hanno combattuto nel 2003 al fianco delle truppe americane. Sono i soldati dello stato che non c’è, il Kurdistan iracheno, che ha ottenuto l’autonomia dall’Iraq nel 2005. Le prime unità peshmerga sono state costituite negli anni Venti del secolo scorso, alla nascita del movimento indipendentista curdo.
In Siria le Unità di difesa del popolo, Ypg sono state protagoniste nella difesa dai jihadisti dell’Isis di Kobane, un tempo terza città a maggioranza curda della Siria. Si tratta di una milizia attiva nei territori a maggioranza curda nel nord e nel nordest della Siria, una milizia che fa parte dell’amministrazione di governo nota come Comitato supremo curdo (Ksc).
La città siriana di Kobane è stata uno dei fronti della guerra contro lo Stato Islamico ma soprattutto un baluardo simbolico per la resistenza curda.
Nel contesto della guerra in Siria si colloca poi la nascita della Federazione della Siria del Nord, un esperimento socio-politico portato avanti dai curdi e dai popoli che abitano la regione settentrionale e che si propone di riorganizzare la vita delle comunità locali attraverso una nuova forma di organizzazione che prende il nome di Confederalismo democratico.
Il principio alla base del Rojava è la partecipazione comunitaria, ma non solo: si tratta infatti di una vera e propria rivoluzione politica e sociale che si oppone al capitalismo e al patriarcato proponendo un modello di democrazia dal basso, in cui le donne hanno gli stessi diritti e doveri degli uomini, oltre a promuovere il rispetto per l’ambiente.
Le aree abitate dai curdi e i sogno di un Kurdistan indipendente
Come abbiamo già visto, i curdi – circa 30 milioni di persone in tutto il mondo – non hanno mai avuto e continuano a non avere un loro stato autonomo e indipendente. Sono divisi tra Iran, Iraq, Siria, Turchia, Armenia, Azerbaigian e in numero minore in altri paesi. La loro regione storica è il Kurdistan, un’area montuosa nell’Asia minore, a cavallo tra i fiumi Tigri ed Eufrate. I curdi sono una popolazione iranica di origini antichissime, che per secoli sono stati sotto il dominio arabo prima, l’impero Ottomano dopo e i vari stati nazionali dell’area dopo la seconda guerra mondiale. Come già visto, nel 1920 si infranse il “sogno” di un Kurdistan indipendente, che era stato promesso dal trattato di Sèvres, ma mai realizzato. La Turchia non accettò mai che si realizzasse lo stato curdo, e tre anni più tardi, con il trattato di Losanna, venne definitivamente archiviata l’ipotesi.
Il popolosissimo gruppo etnico curdo non aveva, e non avrebbe avuto nei successivi cento anni uno stato nazionale. Nel secolo scorso, ogni tentativo di ribellione e ogni rivolta indipendentista fu stroncata con violenza. Nel 1991, alla fine della Guerra del Golfo, una nuova insurrezione indipendentista scoppiata nel Kurdistan iracheno veniva soffocata nel sangue da Saddam Husain. Discriminati, perseguitati, uccisi e costretti alla fuga, i curdi non hanno mai trovato pace. La già complicata situazione mediorientale, la nascita di uno Stato autonomo del Kurdistan sembra più lontana che mai. Nessuno dei paesi in cui la minoranza curda è presente sembra avere la benché minima intenzione di concedere aree del proprio territorio per la nascita di uno stato autonomo, e privarsi di materie prime preziose di cui l’area è ricca, come ad esempio il petrolio.