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Home » Esteri

Chi può leggere le nostre email quando moriamo

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Una sentenza di un tribunale d'appello del Massachusetts ha stabilito che i fratelli di un uomo morto 11 anni fa potranno accedere alla sua casella mail per conoscere dettagli utili alla distribuzione dei suoi averi

Passiamo talmente tanto tempo a scrivere email nel corso della nostra esistenza da non pensare mai a cosa succederà alle nostre comunicazioni elettroniche una volta che non ci saremo più.

Chi potrà leggere cosa abbiamo scritto? Potranno essere utilizzate per conoscere dettagli sulle nostre volontà finali?

Una recente decisione di un tribunale d’appello del Massachusetts, negli Stati Uniti, potrebbe fare chiarezza sulla questione.

In una pronuncia contro il portale di servizi web Yahoo, i giudici hanno stabilito che le leggi federali non pongono restrizioni all’accesso all’account mail di una persona deceduta da parte dei suoi rappresentanti legali.

Si è trattato di una vera e propria vittoria per i fratelli di Robert Ajemian, un uomo morto nel 2006 in un incidente in bicicletta, che in quanto suoi rappresentanti legali per anni hanno cercato di entrare nella sua mail privata per conoscere dettagli utili alla distribuzione della sua eredità. Ajeman, prima di morire, non aveva infatti lasciato alcun testamento.

Le richieste dei fratelli Ajemian erano sempre state respinte dai legali di Yahoo, secondo i quali la condivisione delle comunicazioni degli utenti rappresenta una violazione delle condizioni di servizio del provider e dei principi stabiliti dallo Stored Communications Act (SCA) in materia di protezione della privacy.

Secondo il giudice Barbara Lenk, invece, la legge non impedisce a Yahoo di fornire i dati d’accesso ai parenti di Ajemian: “Al contrario, gli permette di divulgare i contenuti della casella di posta elettronica se, come in questo caso, possono essere utili agli amministratori dei beni e rappresentanti legali del deceduto”.

La sentenza rappresenta un precedente importante per quanto riguarda il controllo degli account mail e delle informazioni personali delle persone scomparse.

“Ci sono state altre decisioni marginali che trattavano le questioni citate nella sentenza”, ha detto Robert Kirby, avvocato dei fratelli di Robert Ajemian. “Ma questo è stato il primo caso a considerare la questione esplicitamente”.

Albert Gidari, direttore della privacy dello Stanford University Law School’s Center for Internet and Society, ha definito “senza senso” la decisione dei giudici del Massachusetts, che va contro la maggioranza delle sentenze in materia di privacy e, probabilmente, anche la volontà del defunto.

Il problema, infatti, non riguarda solo la vita privata di Robert Ajemian, ma anche quella delle persone che hanno comunicato con lui via mail e che sono ancora in vita: “Nel corso della sua esistenza ha deciso di non diffondere determinati dati, e non ha utilizzato gli strumenti forniti da Yahoo per esportare e immagazzinare dati offline. L’accesso ai suoi contenuti è ingiustificato e inutile”.

La lettura di informazioni private di un defunto, inoltre, potrebbe nascondere sorprese sgradite alle persone che lo hanno conosciuto in vita: “Su internet le persone discutono di questioni estremamente private, dal consumo di droghe ai gusti sessuali”.

“Il problema esiste da quando sono nate le email”, secondo il parere di Gidari. I provider hanno adottato politiche diverse per regolare la questione, ma tutte in linea con la legge federale che proibisce la diffusione dei contenuti delle comunicazioni senza il consenso dell’utente.

Per Gidari, nel caso di assenza di indicazioni precise, l’account mail di un persona defunta deve essere abbandonato o eliminato definitivamente.

 

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