Cos’è il trattato Ceta e cosa prevede
Il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada è entrato parzialmente in vigore il 21 settembre 2017
Giovedì 21 settembre è entrato in vigore in via provvisoria il Ceta, il trattato di libero scambio tra Unione Europea e Canada. L’accordo deve ancora essere ratificato da tutti gli stati dell’Unione e fino ad allora saranno in vigore solo le sue parti fondamentali.
Questo significherà l’abolizione da parte del governo canadese di 400 milioni di euro di dazi sulle merci di provenienza europea.
Il trattato
L’acronimo “Ceta” sta per “Comprehensive Economic and Trade Agreement”, letteralmente accordo economico e commerciale globale. Si tratta di un accordo commerciale firmato tra Bruxelles e Ottawa nel 2016.
I negoziati sono cominciati nel 2009 e sono durati ben cinque anni.
Il trattato è stato approvato dal Parlamento europeo il 15 febbraio 2017 e dovrà essere ratificato dai parlamenti nazionali degli stati membri e da alcuni consigli regionali.
In totale il Ceta dovrà ricevere l’approvazione di 38 diverse assemblee.
In Italia il testo comincerà a essere discusso al Senato il 26 settembre.
Cosa prevede
Il Ceta comporta l’eliminazione di una serie di barriere economiche tra le due parti.
Dazi e appalti
In sostanza, consiste nell’eliminazione del 98 per cento delle barriere e dei dazi doganali esistenti negli scambi commerciali tra Unione europea e Canada, la liberalizzazione del mercato dei servizi tra le due sponde dell’Atlantico, e la concessione dell’accesso agli appalti pubblici canadesi alle imprese europee, sia a livello federale che delle amministrazioni locali.
Secondo la Commissione europea, con l’abolizione dei dazi gli esportatori Ue risparmierebbero circa 500 milioni di euro l’anno, e gli scambi commerciali tra l’Unione e il Canada aumenterebbero del 20 per cento.
Prodotti doc
Il Ceta prevede inoltre maggiori protezioni per le produzioni europee: il riconoscimento della tutela delle denominazioni di origine, un punto che avvantaggia molto le imprese italiane nel settore agroalimentare; il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali; l’adeguamento del Canada agli standard europei delle norme sul diritto d’autore e il rafforzamento della protezione della proprietà intellettuale.
Sono 41 i prodotti italiani che riceveranno una tutela rafforzata, tra questi il prosciutto di Parma e la mozzarella di bufala campana.
Professioni intellettuali
Il trattato prevede poi il riconoscimento reciproco delle professioni regolamentate, come quelle di architetto, ingegnere o commercialista.
Le due parti si sono impegnate infatti a riconoscere progressivamente i professionisti che lavorano tra le due sponde dell’Atlantico, permettendo loro di esercitare indifferentemente sia in Canada che nell’Unione europea.
Copyright
Il governo di Ottawa, con questo trattato, si impegna poi ad adeguarsi agli standard europei delle norme sul diritto d’autore.
Ambiente e alimenti
Contrariamente al Ttip, il trattato che l’Unione non ha concluso con gli Stati Uniti, il Ceta non inciderà sulle norme ambientali dell’Ue, né su quelle in materia di sicurezza alimentare e tutela dei consumatori.
I divieti vigenti sulla carne agli ormoni o sull’uso di Ogm varranno infatti anche per le imprese canadesi che esportano in Europa.
Controversie tra stati e investitori
L’accordo prevede anche un sistema di risoluzione delle controversie economiche per proteggere “gli investitori stranieri dalle discriminazioni o dal trattamento iniquo da parte dei governi”.
La norma prevede la creazione di un tribunale di arbitrato extragiudiziale in cui le imprese possono chiamare in giudizio i governi, chiedendo loro i danni per leggi che comportano un’indebita discriminazione, contraria alle regole dell’accordo.
Gli stati però non potranno fare altrettanto. Il timore è che questa regola metta le basi per una preminenza giuridica delle grandi multinazionali a discapito della sovranità dei governi.
L’organismo descritto si chiamerà Investment Court System (Ics).
Questa clausola del trattato dunque non impedisce alle autorità di adottare qualsivoglia provvedimento nell’interesse pubblico.
Tuttavia, se queste misure dovessero danneggiare gli interessi degli investitori stranieri, potranno far scattare la richiesta di risarcimento danni.
I detrattori dell’accordo sostengono così che il solo rischio di dover pagare colossali risarcimenti sarà in grado di frenare l’attuazione di politiche pubbliche considerate necessarie.
Un esempio è dato dal caso delle nazionalizzazioni, dove uno stato avoca a sé la proprietà e il controllo di un’impresa o di un bene privato.
Il trattato prevede allora che l’investitore debba essere compensato con una cifra di denaro pari al prezzo di mercato che l’investimento aveva prima che la nazionalizzazione diventasse nota.