Uccidere un leone equivale alla strage di 400mila persone
Il recente caso dell'uccisione di Cecil, il leone più famoso dello Zimbabwe, ha scatenato nuove polemiche sulla caccia nei Paesi africani
Oggi uccidere un leone equivale alla strage di 400mila persone, se si rapporta il loro numero in proporzione a quello degli esseri umani sulla terra.
Secondo quanto riporta il sito web Think Progress, attualmente in Africa ci sono circa 20mila leoni. Sino alla metà del Ventesimo secolo, si contavano invece circa mezzo milione di esemplari.
L’Unione internazionale per la conservazione della natura ha per questo inserito i leoni nella lista degli animali a rischio, classificandoli come categoria vulnerabile a causa della caccia eccessiva e la scarsità di cibo di cui dispongono.
Nonostante nei Paesi africani ci siano regolamenti per proteggerli, la caccia dei leoni è molto diffusa e non sempre i limiti dettati dalla legge vengono rispettati.
Si stima che ogni anno in Europa siano importati almeno 200 leoni trofeo, scrive The Guardian. Germania, Francia e Spagna rappresentano i maggiori clienti di questo business. Ogni anno negli Stati Uniti vengono importati 500 leoni da trofeo.
“Dal 2007 al 2012, la Spagna è stata il Paese che ha importato il maggior numero di leoni uccisi in Sudafrica, per un totale di 450 capi, contro i 100 della Germania. L’Europa dovrebbe vietare l’importazione di questi trofei di caccia”, ha riferito al The Guardian Luis Muñoz, portavoce di Chelui4lions, un’associazione spagnola anti-bracconaggio.
La scorsa settimana diversi europarlamentari, in seguito all’uccisione del leone Cecil, hanno raccolto l’appello delle associazione ambientaliste che da anni si battono su questo tema e hanno proposto di estendere il divieto sulle importazioni dei trofei di caccia nell’Unione europea.
Dal febbraio del 2015, in Europa è illegale importare teste, zampe e pelle di leoni provenienti da Benin, Burkina Faso e Camerun, i Paesi dove i leoni sono una specie a rischio.
In altri Paesi – tra cui lo Zimbabwe – la caccia è invece considerata legale e sostenibile, nonostante i dati sul numero dei leoni presenti siano poco attendibili e non siano monitorati in maniera adeguata.
Agli inizi di luglio, Walter Palmer, dentista americano di 55 anni, ha pagato circa 50mila euro alle guide del parco naturale di Hwange, nella parte occidentale dello Zimbabwe, per poter uccidere un leone.
L’animale, dalla caratteristica criniera color nero, si chiamava Cecil, aveva 13 anni ed era una vera e propria celebrità all’interno del parco naturale di Hwange, in Zimbabwe.
Alcuni cacciatori sostengono che il miglior modo per salvaguardare gli animali sia proprio quello di far pagare prezzi alti per la loro uccisione. I soldi spesi dai cacciatori per comprare una licenza di caccia, infatti, possono essere utilizzati per finanziare le riserve naturali. Una caccia di leoni di 21 giorni, ad esempio, può costare dai 20mila ai 70mila euro.
Uno studio del 2013 di Economists At Large, citato dal sito web Think Progress, tuttavia sottolinea come soltanto il tre per cento dei fondi versati dai cacciatori arrivi effettivamente alle comunità interessate.
L’uccisione di Cecil ha inoltre suscitato particolare scalpore per la modalità con cui è avvenuta. L’animale è stato adescato fuori dal parco naturale, una tattica tipica dei cacciatori per far sì che le uccisioni degli animali protetti, come i leoni, siano considerate legali.
Il leone sarebbe stato ferito utilizzando una balestra e successivamente ucciso con un fucile, dopo esser stato inseguito per oltre 40 ore. Infine è stato decapitato e scuoiato.
Johnny Rodrigues, a capo della Zimbabwe Conservation Task Force, un gruppo anti-bracconaggio che promuove la tutela delle specie animali del Paese, ha aggiunto che l’uso di arco e frecce ha inaugurato una nuova modalità di caccia, più silenziosa, che permette di evitare di essere scoperti e arrestati.
“La morte di Cecil è una tragedia, non solo perché era un simbolo dello Zimbabwe, ma perché ora i suoi sei cuccioli verranno uccisi, visto che il nuovo maschio che subentrerà nel branco, Jericho, non permetterà loro di vivere, così da incoraggiare altre esemplari femmina ad accoppiarsi con lui ” ha inoltre dichiarato Rodrigues.
Bryan Orford, una guida che lavora nel parco naturale, ha dichiarato a National Geographic che Cecil rappresentava la maggiore attrazione turistica della riserva e che la sua perdita è un duro colpo anche in termini monetari.
Un gruppo di turisti poteva pagare fino a 8mila euro per trascorrere una giornata nella riserva dove viveva Cecil. Far pagare i turisti per fotografare Cecil nell’arco di una settimana, avrebbe fruttato di più rispetto alla singola vendita di una licenza di caccia da 50mila euro.
Cecil aveva addosso un collare Gps per un progetto di ricerca dell’Università britannica di Oxford – portato avanti dal 1999 – che consentiva alle autorità del parco naturale di monitorare i suoi movimenti.
Come riporta il quotidiano britannico The Guardian, la ricerca dell’Università di Oxford esaminava l’impatto della caccia sportiva sui leoni che vivono nella zona dei safari intorno al parco naturale di Hwange.
Durante il periodo di studio, su 62 leoni monitorati ne sono morti 34, di cui 24 uccisi da cacciatori sportivi. La caccia sportiva nelle zone che circondano il parco naturale ha inoltre provocato la morte del 72 per cento dei leoni maschi adulti presenti nell’area di studio.
Per la morte di Cecil sono stati accusati due uomini dello Zimbabwe, ma anche il responsabile dell’uccisione, Walter Palmer, rischia una condanna per caccia di frodo.
Un cacciatore professionista, Theo Bronkhorst, è stato accusato di “non aver impedito la caccia illegale”, ma si è dichiarato innocente ed è stato rilasciato su cauzione. Dovrà tornare a processo il 5 agosto.
Il secondo imputato Honest Ndlovu è il proprietario della fattoria ai confini della riserva naturale in cui sarebbe stato attirato inizialmente il leone e verrà processato in un momento successivo.
Se giudicati definitivamente colpevoli, rischierebbero fino a 15 anni di carcere. Secondo quanto afferma la Bbc, Walter Palmer avrebbe invece lasciato lo Zimbabwe per far ritorno negli Stati Uniti.
Il dentista statunitense – già incriminato nel 2006 per aver ucciso un orso nero nello stato americano del Wisconsin – ha dichiarato che ha effettivamente pagato una somma di denaro alle due guide del parco naturale per poter effettuare la caccia.
Ma ha anche aggiunto che non era a conoscenza del fatto che il leone rappresentasse un simbolo per il Paese e che fosse un animale protetto.
Da quando è stata rivelata la sua identità, di fronte alla sua clinica dentistica sono state organizzate manifestazioni di protesta da parte di gruppi ambientalisti.