Lo strano caso di due gemelli, uno con la cittadinanza statunitense, l’altro no
Aiden e Ethan sono figli di una coppia omosessuale. Uno dei due padri è statunitense, l'altro israeliano. I bambini sono nati in Canada da madre surrogata. I motivi per cui il governo Usa non li considera entrambi suoi cittadini
Nonostante siano nati a 4 minuti di distanza, i due gemelli Aiden ed Ethan Dvash-Banks sono molto diversi tra loro agli occhi del governo statunitense: Aiden infatti è un cittadino americano, Ethan no.
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I bambini sono figli di una coppia omosessuale, nati nell’autunno del 2016 in Canada da madre surrogata, cui sono stati impiantati due ovuli di una donatrice anonima, fecondati ognuno dallo spermatozoo di uno dei due padri.
Aiden ha quindi il Dna di Andrew, cittadino americano, mentre Ethan ha quello di Elad, cittadino israeliano con green card.
I due padri si sono sposati in Canada nel 2010, dove sono nati i figli, e sono entrambi indicati come genitori sui loro certificati di nascita.
Il consolato americano ha però imposto che i gemelli venissero sottoposti ad un test del Dna per decidere se accordare loro la cittadinanza.
La famiglia di Los Angeles ha quindi aperto un caso davanti ad una corte federale, contestando la politica che nega il diritto di cittadinanza alla nascita al figlio sulla base dei legami di sangue, che ritengono discriminatoria nei confronti delle coppie LGBTQ+.
“Il messaggio è che non siamo completamente uguali. La nostra famiglia conta meno di altre famiglie”, ha detto Andrew Dvash-Banks al Guardian “Stiamo lottando per proteggere nostro figlio e la nostra famiglia”.
Il caso mostra gli ostacoli che le coppie immigrate gay devono ancora affrontare a più di due anni dall’approvazione dei matrimoni omosessuali su tutto il territorio statunitense.
Poiché i gemelli sono stati partoriti in Canada, sono esclusi dall’automatico diritto di cittadinanza conseguente dallo ius soli, ma per via della parentela con Andrew, statunitense, il diritto dovrebbe comunque spettare loro dalla nascita.
L’amministrazione statunitense ha però deciso di applicare un’interpretazione estremamente letterale dello ius sanguinis, andando a ricostruire l’effettivo legame di sangue al di là dei documenti.
Secondo il loro avvocato, una coppia eterosessuale nella stessa situazione (uno cittadino americano e l’altro no, con figli nati fuori dal territorio statunitense) non avrebbe avuto problemi a far ottenere la cittadinanza a entrambi i bambini.
Secondo quanto riportato dal sito internet del Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti, “un bambino nato fuori dagli Stati Uniti è cittadino alla nascita quando i genitori sono sposati tra loro al momento della nascita e uno dei due è un cittadino americano”.
“Il Dipartimento di Stato tratta le coppie dello stesso sesso come se non fossero sposate” ha detto al Guardian Aaron C. Morris, direttore esecutivo dell’organizzazione Immigration Equality e avvocato della coppia.
“Spogliare un bambino della cittadinanza è uno dei peggiori danni che il governo possa infliggere a un bambino per il solo motivo che i suoi genitori sono gay, lesbiche o bisessuali”.
Si tratterebbe di un caso di discriminazione intersezionale, per la quale una determinata categoria viene solo per via della combinazione di due caratteristiche.
Una famiglia eterosessuale parzialmente immigrata non avrebbe avuto problemi, così come una coppia gay non immigrata.
Il gruppo sta seguendo anche un caso parallelo per un’altra coppia nella stessa situazione: Allison Blixt, cittadina americana, e Stefania Zaccari, italiana, che hanno avuto due bambini a Londra.
Al bimbo portato in grembo Stefania, che non è cittadina americana, è stata negata la cittadinanza.
Per Morris il problema era già presente durante l’amministrazione Obama: dopo la legge sui matrimoni, l’avvocato ha notato che ad ogni coppia gay sposata in questa situazione viene negata la cittadinanza ad un figlio.
Elad ha detto che ha speranze che i suoi figli possano avere gli stessi diritti prima o poi, e che la loro lotta cambierà le regole per tutti: “Stiamo facendo la storia”.