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Home » Esteri

Brexit, come risolvere la questione del confine irlandese? Ecco le ipotesi sul tavolo

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La premier britannica Theresa May insieme al presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker. Credit: JOHN THYS

L’incontro fra il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker e Theresa May ha rimarcato la difficoltà di trovare un accordo sul confine irlandese nel post-Brexit, il nuovo confine che separerà il Regno Unito e l’Unione europea

Non è andato come sperato l’incontro fra Theresa May e il capo della commissione europea Juncker tenutosi a Bruxelles con l’intento di sbloccare la situazione sulle trattative Brexit per poter passare alla tanto attesa seconda fase, quella che riguarderà i negoziati sul possibile periodo transitorio e sulle future relazioni fra Regno Unito e Unione europea.

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Non è stato infatti raggiunto un accordo accordo sulla controversa questione del confine irlandese. Ciononostante, il meeting nella capitale belga non è stato certo tutto da buttare.

La successiva conferenza stampa ha mostrato, come quasi sempre, un tono più ottimistico da parte britannica e un po’ meno per parte europea.

Minimo comune denominatore è stato il fatto che, prima dell’imminente Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, ci sono possibilità concrete che siano fatti progressi per passare alla seconda fase delle trattative.

Juncker si è detto fiducioso, nonostante formalmente l’accordo non sia stato raggiunto, mentre Theresa May ha espressamente detto ai microfoni che “le differenze riguardano solamente poche questioni risolvibili nell’arco di una settimana”. Se sono apparsi già dagli ultimi giorni segnali importanti di progresso sul Brexit Bill (il pagamento del conto d’uscita dall’Ue) e sui diritti dei cittadini britannici e comunitari nel dopo Brexit, quella che rimane una vera spina nel fianco è il confine che separa (o separerà) l’Irlanda dall’Irlanda del Nord: un confine conteso, dibattuto e quantomai incerto.

Una volta che Londra sarà fuori dall’Ue, Irlanda e Regno Unito saranno nuovamente separate da una frontiera che non esiste da quasi 100 anni. Fra Dublino, Belfast, Bruxelles e Londra si studia a una soluzione che mantenga libero il passaggio fra le “due Irlande”.

Se da Dublino si chiedono garanzie sul mantenimento di un confine “invisibile”, da Belfast fanno sapere con decisione che pretendono di essere trattati esattamente come Londra quando l’Ue e il Regno Unito saranno separati.

La Common Travel Area, cioè la zona che consente il libero passaggio delle persone senza controlli tra Irlanda e Irlanda del Nord, esiste dal 1923. Dal 1993, dopo l’entrata in vigore del Mercato unico europeo, anche le merci non sono sottoposte a controllo, e questo consente alle esportazioni di viaggiare senza ostacoli da una parte all’altra del confine.

Dura da quasi un secolo quindi la libertà di passaggio senza frontiere, quantomeno per le persone, se non con una breve parentesi con controlli durante la seconda guerra mondiale o i tumultuosi anni Settanta, incluso un trentennio di sangue conclusosi con lo storico “Good Friday Agreeement” del 1998, che regola da allora l’esercizio di Governo nel Nord dell’isola con un sistema di “power-sharing”, un sistema duale di co-governo fra unionisti britannici e nazionalisti irlandesi.

Il confine si estende per 310 miglia, o 500 chilometri, dipende da che angolo lo si legge. Ci si rende conto di averlo varcato solo grazie a questo particolare, perché cambiano i segnali stradali che misurano le distanze. Ci sono oltre 200 strade pubbliche che lo attraversano. Vi transitano ogni anno circa 177mila camion, oltre 200mila furgoni, quasi 2 milioni di automobili. Tutti i giorni, inoltre, più di 30mila persone lo attraversano per recarsi a lavoro.

Dopo il referendum sulla Brexit del giugno 2016 si è quindi risvegliato un vulcano creduto oramai dormiente, che in questi temp ha ricominciato a destare più di una preoccupazione.

Oggetto del contendere è il sopracitato confine e che ne sarà di esso dopo che la Brexit sarà conclusa. Il nuovo confine Regno Unito-Unione europea sarà nuovamente fatto di postazioni di controllo su persone e merci? Qui alcune delle opzioni possibili.

Controllo unilaterale solo per parte britannica

Il controllo al confine potrebbe ipoteticamente quindi avvenire solo in uscita dal Regno Unito, senza un controllo e senza dazi per le merci in ingresso, quindi con controlli e dazi nelle esportazioni verso l’Ue ad opera dei controllori “europei” che dovrebbero comunque proteggere il mercato europeo e i suoi standard. Un mercato da 500 milioni di cittadini-consumatori che richiede altissimi controllu per la sua salvaguardia rispetto ad un mercato minore come quello futuro britannico.

Esiste l’opzione che il Regno Unito decida di esercitare unilateralmente i controlli al confine, ma anche l’Ue avrebbe bisogno di un confine fisico per controllare le merci che entrerebbero in Irlanda, considerando che il Regno Unito uscirà dall’unione doganale europea, come dichiarato più volte dalla premier britannica Theresa May.

Il Regno Unito potrebbe comunque decidere di non imporre controlli unilateralmente, facendo attraversare le merci senza nessun dazio e controllo. Questo sarebbe poco conveniente per il Regno Unito perché secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio, per via della famosa regola della “most favoured nation”, se si impongono tariffe basse o nulle ad un partner commerciale allora lo si devi fare con tutti. Eccezion fatta se si è all’interno di un area di libero mercato, come appunto l’Area economica europea o il Nafta in America.

Confine controllato da un sistema tecnologico invisibile

In questo modo il confine rimarrebbe invisibile, con un sistema di pre-registrazione delle merci. D’accordo con questa opzione sarebbe anche il partito unionista britannico Dup. A sfavore di questa opzione il fatto che il sistema non sia ancora stato testato, poiché non ha precedenti e quindi richiederebbe uno sviluppo ed un lungo periodo di implementazione. Da considerare anche la sicurezza, poiché ogni genere di bene potrebbe essere trasportato dall’interno all’esterno della Ue (e viceversa) senza un controllo certo, quindi diventando potenziale terreno fertile per traffici illegali. Inoltre, su oltre 200 strade e 500 chilometri di frontiera “invisibile”, quanto potrebbe essere garantita la sicurezza?

Spostamento del confine sino al Mare d’Irlanda

In questa soluzione, che Bruxelles vedrebbe di buon occhio, l’Irlanda del Nord rimarrebbe all’interno dell’Unione doganale europea e del Mercato unico europeo. Una sorta di “campo neutro” dove gli esportatori di Irlanda e Regno Unito non perderebbero l’accesso al libero passaggio. Il partito nordirlandese Dup non è però affatto incline a questa opzione, legittimando la sua appartenenza al Regno Unito in maniera totale e incondizionata, e tenendosi quindi fedele alla sua matrice d’origine, l’unità della Gran Bretagna. Il Dup ha visto questa proposta di utilizzo dell’Irlanda del Nord come una merce di scambio. Il loro è quindi un rifiuto non solo di carattere politico, ma con una forte matrice ideologica.

Il Democratic unionist party, è bene ricordare, tiene in piedi la maggioranza del governo May nel parlamento centrale di Londra, dove con i suoi 10 parlamentari ha garantito ai conservatori di poter dare vita a un governo dopo le elezioni dello scorso giugno. Al referendum sulla Brexit, a suo tempo, la popolazione dell’Irlanda del Nord si schierò dalla parte del remain, quindi della permanenza all’interno dell’ Ue.

Leggi anche: SPECIALE: Brexit

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