Non solo George Floyd, negli Usa si protesta anche per Breonna Taylor: ecco la sua storia
Non solo George Floyd, negli Usa si protesta anche per Breonna Taylor: ecco la sua storia
È stata uccisa in casa sua Breonna Taylor, 26enne afroamericana, raggiunta da almeno otto colpi di pistola, forse ancora prima che potesse rendersi conto che quelli che aveva davanti – e che stavano sparando – erano dei poliziotti. Ci sono ancora molti punti oscuri sulla sua morte, avvenuta durante una sparatoria seguita all’irruzione degli agenti nel suo appartamento. Quel che è certo è che negli Usa, nei giorni in cui migliaia di persone sono scese in strada per protestare dopo la morte del 46enne afroamericano George Floyd durante un fermo della polizia, i manifestanti chiedono giustizia anche per la sua morte, avvenuta lo scorso 13 marzo a Louisville.
Il caso, che inizialmente aveva fatto poco notizia a causa della pandemia di Coronavirus, dopo le proteste sta ricevendo maggiore attenzione da parte dei media statunitensi e anche il New York Times se n’è occupato. Oggi Breonna avrebbe compiuto 27 anni. A chiedere giustizia per lei e a ricordarla in un tweet è anche la figlia di Martin Luther King e attivista per i diritti umani Bernice King, che usa l’hashtag #SayHerName (“Dì il suo nome”) per ricordare le vittime del razzismo e della violenza della polizia negli Usa.
Morte Breonna Taylor: chi era e cosa è successo
Breonna Taylor lavorava come tecnica di pronto soccorso a Louisville, in Kentucky. Secondo la ricostruzione del Louisville Courier Journal, poco dopo la mezzanotte del 13 marzo 2020, la polizia ha fatto irruzione nel suo appartamento nell’ambito di un’indagine su due uomini sospettati di traffico di stupefacenti. Uno dei due sospettati in passato aveva avuto una relazione con Breonna e la polizia riteneva che l’uomo avesse usato l’appartamento di lei per ricevere consegne di droghe (dal successivo controllo nella sua abitazione, tuttavia, non sono state trovate sostanze di questo tipo). Il giudice aveva firmato un mandato per una perquisizione nel suo appartamento: una perquisizione “no-knock” in cui la polizia aveva il diritto di entrare senza annunciarsi o doversi identificare, per cogliere di sorpresa i sospetti.
Breonna si trovava in quel momento in casa insieme al suo fidanzato, il 27enne Kenneth Walker, anche lui afroamericano. Secondo la polizia di Louisville, i tre agenti presenti sul posto hanno annunciato il loro ingresso dicendo di essere della polizia e di avere un mandato di perquisizione, prima di sfondare la porta. Ma Walker e i vicini di casa hanno detto che gli agenti non solo non hanno bussato, ma non indossavano neanche le divise della polizia. Inoltre, al contrario di quanto previsto dalla legge per questo tipo di perquisizioni, gli agenti non avevano addosso le videocamere che avrebbero dovuto riprendere la scena.
Walker, svegliatosi di soprassalto, ha preso la propria pistola – regolarmente detenuta – e fatto fuoco, pensando di difendersi dai ladri. Tutti e tre gli agenti hanno risposto agli spari, facendo fuoco almeno 20 volte e uccidendo Breonna. Anche uno dei poliziotti è stato colpito, restando ferito a una gamba, e secondo i medici si riprenderà del tutto.
Le accuse su Walker, arrestato e accusato di tentato omicidio, sono state ritirate. La famiglia Taylor, intanto, ha fatto causa alla polizia di Louisville, mentre l’FBI ha annunciato un’indagine sulla sparatoria e i tre agenti di polizia coinvolti sono stati sospesi. Nella telefonata al 911 subito dopo la sparatoria, Walker dice: “Qualcuno ha sfondato la porta e ha sparato alla mia ragazza”, il che dimostra che non sapeva che a sparare erano stati dei poliziotti.
Ai comportamenti scorretti tenuti dalla polizia secondo i familiari di Breonna e già citati (mancato avvertimento, assenza di telecamere, poliziotti in borghese) si aggiunge il fatto che il sospettato per cui era stato emesso il mandato di perquisizione, Jamarcus Glover, era già stato arrestato al momento dell’irruzione nell’appartamento di Breonna. E questo, secondo la famiglia della ragazza, rende “vergognosa” la scelta di compiere una perquisizione in casa sua con queste modalità nel cuore della notte. Breonna “voleva diventare un’infermiera, comprare una casa e farsi una famiglia”, ha dichiarato la madre, Tamika Palmer, citata dal New York Times. “Aveva la testa sulle spalle ed era una persona molto rispettabile. Non si meritava questo”.
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