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Home » Esteri

Il Brasile deve risarcire una tribù di indigeni a cui ha rubato le terre

Immagine di copertina
Afp photo / Antonio Scorza

La Corte Interamericana dei Diritti Umani ha imposto al governo del Brasile un risarcimento di un milione di dollari alla comunità Xukuru, un gruppo di indigeni situato a nord est del Brasile

La Corte Interamericana dei Diritti Umani (IACHR) ha imposto al governo brasiliano un risarcimento di un milione di dollari alla comunità Xukuru, un gruppo di indigeni situato a nord est del Brasile

La tribù Xukuru è composta da 7.700 uomini e donne indigene che vivono in un territorio di 27.555 ettari, situato a circa 6 chilometri a ovest della città di Pesqueira, nella regione di Agreste di Pernambuco.

Marcos Xukuru, 39 anni, capo della tribù, appena saputa la notizia ha affermato: “E’ una bellissima notizia. Non siamo felici, siamo raggianti”.

Marcos ora ha solo una preoccupazione: “Adesso devo avvertire tutti quanti. Non è facile. Il nostro è un territorio vasto, i villaggi sono lontani. Ma devono sapere”.

Gli Xukuru sono infatti distribuiti in ben 24 villaggi e lottano da anni per vedersi restituite le proprie terre che spesso gli sono state confiscate dallo stato con l’uso della forza e poi rivendute ai privati.

Adesso, dopo un’attesa di quasi 30 anni, con la sentenza della Corte interamericana dei diritti umani, il più alto organo giudiziario dell’Organizzazione degli Stati americani (OAS), gli indigeni di Xukuru hanno vinto la loro battaglia con il governo brasiliano.

La decisione della Corte riconosce come legittima la demarcazione della terra indigena di Xukuru, il diritto collettivo e originale del popolo alla loro terra tradizionale e condanna il Brasile per l’eccessivo ritardo nel attivare la procedura di riconoscimento di questo diritto.

Il governo federale ora ha tempo 18 mesi per conformarsi alla sentenza, che prevede anche un risarcimento di un milione di dollari al popolo Xukuru.

L’importo andrà a un fondo, che sarà gestito dagli stessi Xukuru.

Nel corso del processo, il gruppo è stato assistito dal Consiglio missionario indiano (CIMI), dall’Ufficio di consulenza legale alle organizzazioni popolari (GAJOP) e dalla giustizia globale.

“La decisione della Corte ci dà grande sollievo perché abbiamo avuto un periodo molto difficile nel nostro territorio dall’assassinio del nostro capo Xikão”, ha detto ancora Marcos Xukuru.

È stato suo padre, Xicão, a guidare il proprio popolo all’inizio degli espropri della terra, iniziati nel 1989.

L’omicidio, avvenuto nel maggio del 1998, è stato commissionato da agricoltori locali.

“La nostra valutazione è che questa decisione possa ripristinare la giustizia per gli Xukuru e porti una serie di elementi politici e legali che certamente influenzeranno gli attuali processi di disputa in corso che coinvolgono lo Stato brasiliano e le popolazioni di altre regioni del paese”, ha detto Cleber Buzatto, segretario del Consiglio missionario indiano.

“La giurisprudenza della Corte è chiara: ciò che legittima il diritto di una popolazione indigena a una particolare terra non è un titolo di possesso ma l’occupazione tradizionale da parte della comunità”, spiega Raphaela Lopes, un avvocato della ONG Global Justice che ha accompagnato il popolo Xukuru nel dibattito processuale, svoltosi in Guatemala.

Secondo Marcos Xukuru, la condanna dello stato brasiliano è un esempio di come la proprietà collettiva dei popoli indigeni verso la terra sia stata oltraggiata.

“Le popolazioni indigene vivono sotto minacce, arresti arbitrari e omicidi”, ha detto.

Marcos sottolinea inoltre che questa decisione non solo aiuterà il popolo brasiliano, ma i popoli indigeni di tutta l’America latina.

Si tratta del secondo verdetto di questo tipo pronunciato contro il Brasile dopo quello pronunciato a favore della comunità degli Yanomani, altro importante gruppo indigeno dell’Amazzonia, al confine tra Brasile e Venezuela.

Avevano denunciato la costruzione di una strada con la quale erano arrivati migliaia di garimpeiros, minatori illegali e tagliatori di alberi.

Una vera invasione, fatta di inquinamento, malattie, devastazioni, criminalità, contrabbando.

Alla fine anche loro, ultimi degli ultimi, avevano ottenuto giustizia: il governo brasiliano, infatti, nel 1992 ha fissato i confini del Parco Yanomani.

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