Brasile, i cercatori d’oro uccidono un indigeno Wajapi in una riserva dell’Amazzonia
Gli indigeni Wajapi denunciano: "Hanno ucciso il leader Emyra Wajapi con una coltellata, chiediamo aiuto, sparano, hanno fucili, hanno armi pesanti come mitragliatrici"
L’omicidio del capo indigeno dell’ etnia Wajapi in Amazzonia
Il 24 luglio Emyra Wajapi il capo locale indigeno dell’etnia Wajapi è stato ucciso nello stato di Amapà ovest dell’Amazzonia brasiliana, per mano di presunti “garimpeiros”, cercatori illegali d’oro e diamanti che devastano le foreste della zona e inquinano i fiumi con il mercurio.
Dopo l’omicidio il senatore Randolf Rodrigues, dello stato di Amapà, ha criticato la posizione del presidente Jair Bolsonaro che ha aperto le riserve indigene allo sfruttamento minerario.
Secondo le testimonianze degli indigeni infatti l’attacco dei “garimperios” non è stato isolato. Altri cercatori si sarebbero uniti a quelli già presenti sul territorio, obbligando gli indigeni a fermarsi nella zona e a raggiungere le proprie case in barca o con veicoli improvvisati.
La morte di Emyra è stata denunciata dagli stessi indigeni pochi giorni dopo. “Hanno ucciso il leader Emyra Wajapi con una coltellata, chiediamo aiuto, i garimpeiros sparano, hanno fucili, hanno armi pesanti come mitragliatrici”, hanno dichiarato i Wajapi in un comunicato rilasciato dopo l’accaduto.
Lo scopo dei cercatori d’oro infatti sarebbe quello di eliminare i “fastidiosi” Wajapi per poter estrarre i metalli preziosi che si trovano all’interno della riserva naturale amazzonica.
La posizione di Bolsonaro sulla questione dei territori protetti
Jair Bolsonaro ha più volte espresso la sua contrarietà all’esistenza dei territori protetti perché “privano il Paese di importanti risorse” e ha anche promesso di adoperarsi per permettere l’estrazione di metalli anche all’interno delle riserve indigene.
L’alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite Michelle Bachelet, ex presidente del Cile, intanto, ha sollecitato l’apertura di un’inchiesta sui fatti. L’Onu ha inoltre invitato Bolsonaro a riconsiderare l’intenzione del suo governo di aprire ulteriori aree della foresta amazzonica allo sfruttamento minerario.
Il presidente da parte sua ha respinto l’accusa al mittente sostenendo che tutte le statistiche sulla sfruttamento dell’Amazzonia sono false.
Secondo i dati satellitari forniti dall’INPE l’Agenzia di ricerca spaziale brasiliana, si registrano 739 chilometri quadrati di foresta pluviale persa durante il mese di maggio 2019 (il dato peggivore negli ultimi 10 anni) – equivalenti a due campi da calcio al minuto – in netto aumento rispetto ai 550 chilometri quadrati disboscati nello stesso periodo del 2018 e oltre il doppio la superficie persa nel 2017.