Brasile: l’ex presidente Lula, condannato per corruzione e riciclaggio, è vicino alla scarcerazione
La difesa chiede la libertà dopo una sentenza della Corte Suprema, che ha stabilito che la pena va scontata dopo l'ultimo grado di giudizio
Brasile, Lula vicino alla scarcerazione
L’ex presidente del Brasile Lula, in carcere dopo una condanna per corruzione, è vicino alla libertà. Luiz Inácio Lula da Silva potrebbe uscire a giorni o entro poche settimane dopo una richiesta di libertà immediata avanzata dai suoi avvocati.
La difesa chiede la scarcerazione dopo una sentenza della Corte Suprema Federale, la massima autorità giuridica brasiliana, che ieri, giovedì 7 novembre, ha chiesto di revocare la legge che obbliga gli imputati ad andare in prigione già dopo aver perso il loro primo appello, dopo il secondo grado di giudizio, e non alla fine delle istanze processuali, quando non c’è più niente da fare per ribaltare le condanne.
La Corte Suprema già un anno fa ha fatto passare il principio che i detenuti condannati in secondo grado devono essere scarcerati in attesa di sentenza definitiva. Ieri la suprema corte ha stabilito ancora che le pene non possono iniziare ad essere scontate prima di aver esaurito le possibilità legali per l’imputato. E questo potrebbe portare alla libertà di Lula, che è in carcere dall’aprile 2018 per scontare una condanna in secondo grado a 12 anni ed un mese per corruzione e riciclaggio.
La decisione del tribunale supremo potrebbe portare a benefici per migliaia di detenuti. Una statistica indica 4.900 persone in attesa di un giudizio definitivo. Ma il beneficio non potrebbe riguardare tutti, perché i casi i detenuti responsabili di gravi reati verrebbero sottoposti a detenzione preventiva. Non scatterà insomma un rilascio automatico.
I seguaci di Lula, presidente del Brasile dal 2003 al 2011, hanno iniziato a supportarlo sui social network con l’hashtag #LulaLibreMañana ma i sostenitori del suo rivale politico, l’attuale presidente Jair Bolsonaro, si sono lamentati. Secondo la difesa di Lula la decisione della Corte Suprema “rafforza” la tesi che l’ex presidente sia stato “detenuto ingiustamente per 579 giorni”.
Il problema della detenzione di persone in attesa di un giudizio definitivo è riemerso ancora una volta dopo il ricorso dei difensori di numerosi condannati in Lava Jato, la tangentopoli brasiliana. La Corte Suprema, che ha 11 membri, ha approvato la sua decisione con 6 voti a favore e 5 contro.