Brasile, l’ex presidente Lula resta in carcere
L'ex presidente brasiliano ha annunciato che si costituirà e permetterà alle autorità di procedere al suo arresto. Lula è incriminato di riciclaggio e corruzione passiva, rischia 12 anni di carcere
la Corte di appello ha ordinato la scarcerazione del
L’ex presidente del Brasile, Ignacio Lula da Silva, resta in carcere dopo che uno dei magistrati del Tribunale federale regionale di Porto Alegre aveva deciso di accogliere il ricorso presentato dal Partito dei lavoratori di Lula.
I giudici avevano stabilito che Lula non doveva essere trattenuto in carcere mentre si svolge il processo di appello. Gli avvocati di Lula ne avevano chiesto la scarcerazione per il rispetto del principio di innocenza fino a sentenza definitiva.
A bloccare la scarcerazione dell’ex presidente è intervenuto il magistrato Sergio Moro, definendo incompetente il magistrato Favreto.
Nello scontro tra i due magistrati è intervenuto un terzo giudice, Joao Pedro Gebran Neto, che ha istruito la causa contro Lula nel processo di secondo grado, e che ha bloccato l’ordine di scarcerazione.
Lula è stato condannato in primo grado a 12 anni e un mese di carcere per corruzione e riciclaggio di denaro. Ha sempre proclamato la sua innocenza, affermando che la condanna è legata a ragioni politiche.
Lo scorso 8 aprile, Lula da Silva si era consegnato alla polizia, permettendo che le autorità procedessero al suo arresto. Lula è accusato di riciclaggio e corruzione passiva.
Il 6 aprile non si era consegnato alla polizia entro i termini stabiliti dal giudice Sergio Moro ed era rimasto rinchiuso per oltre ventiquattro ore nella sede di un sindacato brasiliano di metalmeccanici, nei pressi di San Paolo.
Come siamo arrivati fin qui
Il Tribunale supremo federale del Brasile aveva respinto, lo scorso 5 aprile, la richiesta di “habeas corpus” presentata dall’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che ora rischia di finire in carcere per scontare la pena di 12 anni che gli è stata inflitta per corruzione e riciclaggio.
La corte doveva decidere se Lula dovesse scontare immediatamente la condanna o se la pena potesse essere sospesa per consentirgli di tentare un ulteriore ricorso giudiziario e di dedicarsi alla campagna elettorale.
Gli undici giudici del Tribunale supremo federale sono rimasti chiusi in camera di consiglio per undici ore prima di emettere il verdetto.
Mentre era in corso la seduta migliaia di cittadini brasiliani hanno manifestato a sostegno o contro l’ex presidente, candidato del Partito dei lavoratori, in diverse città.
Il 28 marzo 2018 il Tribunale regionale federale di Porto Alegre aveva respinto il ricorso presentato dagli avvocati di Lula contro la condanna in secondo grado, nell’ambito della vicenda Lava Jato (letteralmente “autolavaggio”).
Sebbene la legge elettorale brasiliana impedisca ai condannati in secondo grado di ricoprire una carica pubblica, l’ex presidente si era presentato come candidato del Partito dei lavoratori per le prossime elezioni.
Secondo la magistratura brasiliana Lula, presidente del Brasile dal 2003 al 2011, era il capo supremo del vasto e istituzionalizzato sistema di corruzione dietro la compagnia petrolifera statale Petrobras.
Nel 2017 Lula era stato condannato in prima istanza a 9 anni e mezzo di carcere dal giudice Sergio Moro. L’accusa era di aver ottenuto un appartamento di lusso dell’azienda costruttrice OAS in cambio di contratti con la compagnia petrolifera Petrobras.
Il 24 gennaio 2018 la sentenza era stata confermata e la pena era stata aumentata in seconda istanza a 12 anni e un mese di carcere dal Tribunale regionale federale di Porto Alegre.