Brasile, Jair Bolsonaro: “Se vinco estraderò immediatamente Cesare Battisti”
Il 63enne, ex membro dei Proletari armati per il comunismo, è stato condannato in Italia per quattro omicidi ed è latitante da 36 anni
“Riaffermo il mio impegno di estradare il terrorista Cesare Battisti, amato dalla sinistra brasiliana, immediatamente in caso di vittoria alle elezioni. Mostreremo al mondo il nostro totale ripudio e impegno nella lotta al terrorismo. Il Brasile merita rispetto!”. È una delle promesse elettorali che intende mantenere Jair Bolsonaro, il candidato di estrema destra favorito al ballottagio per le presidenziali che si terrà il 28 ottobre 2018.
Cesare Battisti, il 63enne ex membro dei Proletari armati per il comunismo, è stato condannato in Italia per quattro omicidi ed è latitante da 36 anni.
Lo scorso 25 aprile un giudice aveva revocato a Battisti le misure cautelari, liberandolo dalla cavigliera e permettendogli di muoversi nel paese. La decisione era stata presa dalla Corte suprema brasiliana (Stj), che aveva annullato una precedente sentenza, emanata quando a ottobre 2017 Battisti era stato arrestato al confine con la Bolivia con 25mila dollari in valuta estera con cui si apprestava a lasciare il paese.
Oltre alla cavigliera elettronica, a Battisti era stato vietato di uscire di casa dopo le 22 e di allontanarsi dal paesino di Cananeia, nello Stato di San Paolo, in cui vive. Il tribunale aveva ritenuto ragionevoli le argomentazioni dei legali dell’ex terrorista, secondo i quali le accuse erano state emanate in modo generico e senza elementi concreti.
Il tribunale della cittadina in cui risiede il 63enne aveva anche imposto il sequestro del passaporto per lui e la moglie Joice Lima, sposata nel 2015. Le misure erano state prese dopo che si era scoperto che Battisti aveva fornito un indirizzo falso per ottenere i certificati necessari alle nozze in Brasile, commettendo un falso ideologico.
Per Battisti resta sempre aperta la questione della sua estradizione in Italia. A marzo il procuratore generale brasiliano aveva rimesso al presidente Michel Temer la decisione finale, che potrebbe cancellare lo status di rifugiato concesso nel 2010 dall’ex presidente Lula, ora in carcere con l’accusa di corruzione.