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Home » Esteri

Un blogger è stato ucciso da un hater che lo insultava da anni sui social durante una conferenza

Immagine di copertina
Il blogger giapponese Kenichiro Okamoto

L'assassino ha colpito Kenichiro Okamoto, noto blogger giapponese, con un pugnale, dopo che da anni riempiva i suoi profili social con minacce e improperi

L’odio che dilaga sul web, a volte, può uscire dalla rete e tradursi in gesti assurdi, inimmaginabili. Guai a sottovalutare minacce e offese ricevute su Internet e a considerare le nostre bacheche una zona franca in cui l’insulto ha meno valore che nella realtà.

In Giappone, un famoso blogger di nome Kenichiro Okamoto, ma meglio conosciuto in patria con il nickname “Hagex”, è stato ucciso da un hater, un uomo che da anni riempiva il blog e i profili social di Okamoto con insulti, minacce, improperi di ogni genere.

Okamoto stava parlando a una conferenza a Fukuoka, il cui tema riguardava, beffardamente, come gestire su internet i troll, ovvero quegli utenti che infestano deliberatamente la rete con commenti provocatori, irrisori, per creare scompiglio e, in alcuni casi, per perseguire precisi scopi politici, magari imbeccati da qualcuno.

Durante una pausa, Okamoto è andato al bagno, ma vi ha trovato il suo assassino, un uomo di 42 anni, Hidemitsu Matsumoto, che lo ha ucciso colpendolo con un pugnale.

È stato lo stesso assassino a consegnarsi poco dopo alle autorità, motivando il suo gesto proprio con il profondo odio che serbava nei confronti del blogger.

Matsumoto, su internet, scriveva sotto lo pseudonimo di Teino Sensei, e lo stesso blogger Okamoto aveva più volte denunciato i suoi commenti offensivi, bloccandogli anche l’account.

I messaggi minatori erano cominciati nel 2016, ed erano proseguiti con inquietante regolarità per due anni. Il blogger era certamente infastidito, forse anche un po’ preoccupato per l’odio che questo utente gli vomitava addosso, ma mai si sarebbe immaginato ciò che poi è successo.

Un omicidio in piena regola, un rancore nato in rete, dove l’interazione è esclusivamente virtuale, i toni si esasperano facilmente, i fraintendimenti sono dietro l’angolo. È proprio in questi “non-luoghi” e attraverso queste modalità che il risentimento può alimentarsi giorno dopo giorno, fino a traboccare e a degenerare in un’assurda sete di vendetta.

Un episodio, questo del blogger giapponese, che deve far riflettere. In questi giorni la corte di Cassazione ha confermato che l’insulto su Facebook è un reato punibile anche molto severamente. Chi ne subisce quotidianamente ha il dovere di denunciare: sottovalutare il fenomeno contribuisce non solo ad alimentare l’inciviltà, ma può portare anche a rischi concreti “fuori dalla rete”.

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