Biden vende missili all’Egitto per 197 milioni. Aveva promesso lo “stop” ad Al-Sisi
Martedì 16 febbraio, l’amministrazione Biden ha annunciato di aver approvato una possibile vendita di missili per 197 milioni di dollari all’Egitto, pochi giorni dopo che il governo egiziano avrebbe arrestato i familiari di un attivista per i diritti umani egiziano americano con sede negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato ha affermato in un comunicato stampa che la proposta di vendita dei missili e delle relative apparecchiature saranno finalizzate a “sostenere la politica estera e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, contribuendo a migliorare la sicurezza di un paese importante non alleato della NATO che continua ad essere un importante partner strategico in Medio Oriente”. Lo riporta la Cnn.
Anche dall’altra parte dell’oceano, nonostante il cambio di poltrona, sembra che l’Egitto non smetta di essere un partner strategico, o “ineludibile”, volendo rievocare parole pronunciate in Italia dall’allora ministro degli Esteri Angelino Alfano. E così, almeno da questi primi passi, ancora una volta i diritti umani vengono accantonati, per non dire calpestati, in ragione di interessi più grandi.
La Cnn sottolinea che “La vendita proposta sosterrà le navi Fast Missile Craft della Marina egiziana e fornirà capacità di difesa dell’area significativamente migliorate sulle aree costiere dell’Egitto e sugli approcci al Canale di Suez”, si legge nel comunicato.
La proposta di vendita arriva tra le continue preoccupazioni per la situazione dei diritti umani in Egitto, in particolare dopo che le autorità egiziane hanno fatto irruzione nelle case dei parenti dell’attivista egiziano americano Mohamed Soltan. Secondo l’organizzazione senza scopo di lucro Freedom Initiative, anche due dei suoi cugini sono stati arrestati arbitrariamente.
“Mohamed Soltan sta richiamando l’attenzione sull’impunità e sul disprezzo per i diritti umani sotto l’attuale regime egiziano. Ora il regime egiziano sta arrestando i suoi parenti per cercare di intimidirlo fino a farlo tacere”, ha detto il suo avvocato Eric Lewis.
Secondo quanto riportato da al-Jazeera il 10 novembre, a pochi giorni di distanza dall’annuncio dei risultati delle elezioni presidenziali statunitensi, del 7 novembre, la vittoria di Biden era stata temuta da alcuni circoli egiziani filogovernativi, vista la tendenza del neopresidente a difendere questioni in materia di diritti umani e a rifiutare pratiche autoritarie, in particolare in Medio Oriente, diversamente dal suo predecessore, Donald Trump, che, invece, aveva visto in al-Sisi il suo “dittatore preferito”.
Il 12 luglio scorso, in un Tweet, Biden ha affermato la sua opposizione ad arresti, torture e repressioni di attivisti ed ha aggiunto: “Niente più assegni in bianco per il ‘dittatore preferito’ di Trump”. Tale affermazione è stata preceduta dalle dichiarazioni del novembre 2019, quando Biden ha confermato che la questione dei diritti umani sarebbe stata alla base delle relazioni del suo Paese con il mondo, in caso di vittoria. “In qualità di presidente, Joe Biden riterrà l’Arabia Saudita e la Cina responsabili, così come ogni Paese che viola i diritti dei suoi cittadini”, aveva affermato nel corso di un dibattito.
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