La battaglia dell’Antitrust a Google sul caso Chrome
È scontro tra il governo degli Stati Uniti e Google. Dopo che la corte ha stabilito che il gigante digitale esercita un monopolio illegittimo sul mercato della ricerca, lo scorso novembre il dipartimento di Giustizia, cioè la pubblica accusa nella causa antitrust del secolo, ha proposto un ampio ventaglio di rimedi per ristabilire la concorrenza. Tra questi anche lo spezzatino della società, con l’obbligo di vendere il suo browser Chrome e – se necessario – pure il sistema operativo Android.
Ipotesi a cui Google ha risposto subito con un post del suo responsabile legale Kent Walker, definendola “sconcertante” e accusando il governo di “un interventismo radicale che danneggerebbe i consumatori, le aziende e la leadership tecnologia americana”.
Venerdì scorso un nuovo capitolo della vicenda. Secondo quanto ha riportato Bloomberg, Google ha consegnato in tribunale un documento di risposta al procedimento in cui si sottolinea che costringerli a vendere Chrome sarebbe una punizione eccessiva, un rimedio sproporzionato rispetto all’accusa di aver adottato pratiche anticompetitive per promuoverlo. Un provvedimento che non solo sarebbe in contrasto con lo spirito della legge, ma avrebbe anche un effetto raggelante sugli investimenti necessari a fare innovazione nel futuro.
Stati Uniti contro Google è il più avanzato tra i vari processi Antitrust intentati dall’amministrazione Biden contro i campioni di Big Tech. La scorsa estate il giudice Amit Mehta ha dato ragione all’accusa, stabilendo che Big G ha costruito e mantenuto il suo monopolio nella ricerca (il 90 per cento del mercato) anche attraverso pratiche illegittime per escludere i concorrenti, come l’accordo miliardario con Apple e altri produttori per fare della sua barra di ricerca la soluzione predefinita sui loro smartphone.