Cos’ha detto Barack Obama salutando l’America e perché ci mancherà
Forse non il miglior presidente, di sicuro non il peggiore, ma certamente un presidente che sarà ricordato. Il commento di Iacopo Luzi sul discorso di addio di Obama
WASHINGTON – E così Obama ha dato il suo addio. Di fronte a un McCormick Place gremito fino all’inverosimile, il presidente Barack Obama ha salutato tutti i cittadini americani, tutte le persone che hanno creduto in lui e l’hanno sostenuto negli ultimi otto anni. Memorabili le sue parole finali:
“Yes, we can. Yes, we did. Yes, we can.”
(Si, possiamo, si lo abbiamo fatto, si possiamo.)
Al contrario di molti presidenti, che in passato avevano scelto le mura della Casa Bianca come scenario del proprio discorso d’addio, Obama ha preferito tornare a casa sua, nella Chicago che l’ha cresciuto e l’ha reso ciò che è oggi, per il suo addio da presidente degli Stati Uniti.
Tutti si aspettavano un discorso che avrebbe ispirato unità e coesione fra tutti gli americani, e così è stato: Obama ha rispettato le attese. La conclusione che tutti avevano previsto.
Qualcuno avrebbe immaginato una possibile critica nei confronti del suo successore Donald Trump, e invece Obama ha mantenuto una calma imperturbabile, opponendosi con fermezza di fronte alle proteste della platea, mentre accennava all’imminente e sereno passaggio di potere fra lui e il nuovo presidente.
Sebbene abbia tenuto a precisare che i democratici non dovranno per forza allinearsi e seguire ciecamente il proprio nuovo “comandante”.
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Nel suo discorso di addio, Obama ha mantenuto un profilo umile ma determinato, sostenendo con forza e convinzione tutti i successi conseguiti durante la sua presidenza a livello nazionale e internazionale, dall’Obamacare all’uccisione di Bin Laden, passando per ciò che è stato fatto per contrastare il cambiamento climatico.
Ogni parola ha avuto lo scopo di rafforzare la sua eredità, tutto ciò che lascerà ai suoi compatrioti.
Ha invitato tutti quanti all’unità e all’uguaglianza, tendendo una mano a ogni minoranza, dai musulmani agli afroamericani, in quanto parte di ciò che sono oggi gli Stati Uniti. E ricordando come in passato gli stereotipi di oggi sugli immigrati fossero gli stessi, riferendosi agli Italiani, Irlandesi e Polacchi. Eppure l’America è diventata più forte grazie a tutti questi immigrati, non il contrario. E così sarà in futuro.
“I cuori devono cambiare”, la frase più significativa di tutto il discorso, che è un monito per chiunque, specie per i più giovani.
Obama ha fatto appello alla Costituzione americana, come fonte d’ispirazione ed esempio per tutti, ma, allo stesso tempo, ricordando come essa sia solo un pezzo di pergamena e che sono le persone a conferirle potere con le proprie decisioni e la propria partecipazione. Le stesse persone che Obama ha invitato a restare vigili, perché l’Isis continuerà a colpire vittime innocenti, ma non potrà mai vincere l’America se tutti resteranno fedeli ai propri principi, senza tradire la propria Costituzione.
“La democrazia può venir meno quando cediamo alla paura,” Obama ha dichiarato.
Toccante è stato il momento dei ringraziamenti, al suo vicepresidente e caro amico Joe Biden, al suo staff, a tutti i suoi sostenitori, alle sue figlie Malia e Sasha e, soprattutto, a sua moglie Michelle.
“Michelle, negli ultimi 25 anni non sei stata solo mia moglie e la madre dei miei figli, ma anche la mia migliore amica. Ti sei fatta carico di un ruolo che non avevo chiesto e lo hai fatto tuo con grazie, coraggio, stile e buon umore. Tu hai reso la Casa bianca un luogo che appartiene a tutti quanti. E una nuova generazione ha alzato le sue aspettative perché ha avuto te come modello di riferimento. Tu mi hai reso orgoglioso. Tu hai reso la nazione orgogliosa.”
Commuovendosi e commuovendo contemporaneamente l’intero McCormick Place e tantissime persone a casa, Obama si è asciugato una piccola lacrima che stava scendendo dal suo viso e ha proseguito con le sue parole, dichiarando che servire i cittadini americani è stato il più grande onore della sua vita.
E ha concluso il discorso invitando tutti ad avere fede nel futuro, mentre il boato della platea acclamava e si separava per l’ultima volta dal proprio presidente.
Forse non il miglior presidente, di sicuro non il peggiore, ma certamente un presidente che sarà ricordato. Un presidente che può avere commesso tanti errori, specie nel conflitto siriano, ma che è sempre rimasto un esempio, un punto di riferimento per i più deboli e indifesi e che ha lottato per tutte le sue battaglie, a volte andando contro tutto e tutti, Congresso americano compreso.
Da oggi in poi, ne sentiremo tutti un po’ la mancanza.
Specie ora che, con l’avvento di Trump, non è chiaro cosa succederà e quale sarà il futuro degli Stati Uniti.