Una baby sitter ha costretto un bimbo di due anni a fumare e poi l’ha chiuso in lavatrice
Una baby sitter ha costretto un bambino di appena due anni a “fumare” e poi lo ha chiuso dentro una lavatrice. Il piccolo, terrorizzato, è stato fotografato dalla donna che ha poi pubblicato le immagini sui social network, probabilmente nella convinzione di aver fatto qualcosa di intelligente o simpatico.
L’episodio è accaduto in Polonia dove, ovviamente, è entrata in scena la polizia che ha fatto sapere che fortunatamente il piccolo non ha riportato nessuna lesione, anche se si è molto impaurito.
Le autorità hanno comunque deciso di aprire un’indagine per violenza sui minori: analizzando le immagini sullo smartphone della baby sitter, che ha tentato di declinare ogni responsabilità invano, accampando scuse e dichiarando il falso. Sul dispositivo della donna infatti i poliziotti hanno trovato fotografie dello stesso bambino con una sigaretta accesa in bocca. Prove che probabilmente finiranno in tribunale.
Non ci sono quindi molti dubbi sul fatto che la baby sitter abbia maltrattato il piccolo: resta ora da capire se l’abbia fatto con la complicità di almeno uno dei due genitori, che avrebbero potuto sapere tutto senza però decidere di licenziare la ragazza.
La baby sitter che ha donato una parte del fegato alla bambina di cui si prendeva cura
Quando Kiersten Miles, nell’estate del 2016, decise di fare la baby sitter di una bambina di sedici mesi, di nome Talia, non immaginava che sarebbe rimasta legata a lei per tutta la vita.
La ventiduenne lavorava per la famiglia Rosko di Jackson, in New Jersey, da tre settimane. La sua giornata era scandita dalle cure e le attenzioni per Talia e gli altri due figli maschi della coppia George e Farra Rosko. Ma ciò che l’aveva colpita era la condizione di salute precaria della bambina, affetta da una grave malattia del fegato.
Talia rischiava di morire. I medici avevano informato i genitori che il tasso di sopravvivenza era bassissimo: se la loro figlia non fosse stata sottoposta a un trapianto di fegato, non avrebbe superato il secondo compleanno. Il tempo per salvarle la vita si assottigliava ogni giorno e trovare un donatore compatibile non era affatto facile.
Kiersten Miles non poteva restare inerme davanti a questa famiglia per la quale lavorava, distrutta dal dolore, e per questo motivo aveva deciso di prendere in mano la situazione. L’idea di poter essere lei la donatrice perfetta era balenata svariate volte nella sua mente, spingendola a fare delle ricerche sul tema e valutare i rischi fisici e psicologici legati a un eventuale operazione chirurgica.
Nel frattempo, le condizioni di salute di Talia peggioravano quotidianamente: il bianco intorno all’iride aveva assunto un colore grigiastro e la sua pelle si era ingiallita. Tutto ciò era causato dalla sua grave patologia al fegato scoperta quando la bambina aveva appena nove settimane di vita.
Il suo pediatra notò che gli occhi della bambina erano spenti e di un colorito anomalo, per questa ragione segnalò il caso a uno specialista che sottopose Talia a ulteriori analisi e a una biopsia epatica. La diagnosi era atresia biliare, ossia l’assenza congenita o il mancato sviluppo di una qualche parte riguardante il sistema biliare.
A trovare la soluzione ci ha pensato la giovane baby sitter. Dopo analisi e accertamenti medici, Kiersten ha scoperto di possedere il gruppo sanguigno 0 compatibile con tutti gli altri tipi di sangue, rinnovando la speranza nella famiglia Rosko.
“L’ho fatto per Talia che non è ancora in grado di chiedere aiuto, ma da parte mia non si è trattato di un sacrificio ma semplicemente di un gesto spontaneo che le ha salvato la vita”, ha raccontato la ventiduenne al Washington Post.
“Non immaginavo dove potesse arrivare il suo altruismo”, ha raccontato George Rosko. “Ho avuto modo di constatarlo quando ci ha detto che si sarebbe sottoposta all’operazione. Per noi, lei è stata un dono inestimabile, un angelo, che ha salvato la vita di nostra figlia”.
L’11 gennaio 2017 Kiersten Miles si è sottoposta all’intervento chirurgico per rimuovere una parte del suo fegato presso l’ospedale dell’Università della Pennsylvania. Il momento più emozionante per lei è stato il risveglio. La sua prima preoccupazione è che tutto fosse andato bene e che la parte trapiantata non fosse stata rigettata dal corpo di Talia.
La madre della bambina ha precisato che la bambina, dopo l’intervento e il trapianto, ha diminuito la quantità di farmaci necessari per tenerla in vita, anche se dovrà assumere medicinali anti rigetto per il resto della sua vita. La giovane donatrice – baby sitter part time e studentessa universitaria – ha raccontato di come ora convive con la sua cicatrice di 13 centimetri e soprattutto di come non potrà più donare una parte del suo fegato a qualche familiare che ne avesse bisogno in futuro.
La storia di Kiersten e Talia non ha lasciato indifferenti i lettori e gli utenti sui social media che hanno espresso la loro solidarietà. In un post pubblicato sulla pagina Facebook, la giovane donatrice ha voluto ringraziare tutte le persone che l’hanno sostenuta.