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L’attrice minacciata di essere bruciata viva a causa di un controverso film in India

Immagine di copertina
L'attrice indiana Deepika Padukone. Credit: AFP

Un leader del partito di governo indiano ha offerto una ricompensa di dieci milioni di rupie per chi avesse bruciato viva Deepika Padukone, l'attrice che interpreta la regina nel film “Padmavati”

L’attrice indiana Deepika Padukone, interprete principale del film di Bollywood Padmavati, ha ricevuto serie minacce a causa del suo ruolo nel controverso film che racconta la storia di una mitologica regina indiana.

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Nello stato di Haryana, un leader del partito di governo, Bharatiya Janata, domenica 19 novembre ha offerto una ricompensa di dieci milioni di rupie (oltre 130mila euro) per chi avesse bruciato viva Deepika Padukone. L’uomo, che si chiama Surajpal Amu, ha minacciato di spezzare le gambe al protagonista del film.

Il partito Bharatiya Janata, a cui appartiene anche il primo ministro indiano Narendra Modi, ha chiesto spiegazioni al politico in merito alle dichiarazioni “scioccanti” da lui rilasciate.

Anche il regista del film, Sanjay Leela Bhansali, ha subito delle minacce. La pellicola è stata criticata e accusata di “falsa rappresentazione” e “distorsione dei fatti”.

L’uscita del film, inizialmente programmata per il primo dicembre, giorno 16 novembre è stata rimandata a data da destinarsi a causa di proteste che si sono tenute in alcuni stati indiani. I funzionari dell’Uttar Pradesh hanno detto infatti di non avere poliziotti sufficienti a presidiare i cinema per quella data (a causa della concomitanza con una festività musulmana e con le elezioni).

La storia del film è tratta da un testo del Sedicesimo secolo del poeta Malik Muhammad Jayasi, intitolato Padmāvat. Il poema racconta la storia di una regina indù del popolo Rajput, Rani Padmini (chiamata anche Padmavati).

La regina era la moglie di Ratan Sen (o Rawal Ratan Singh), re del popolo Rajput nella regione di Mewar. La leggenda narra che nel 1303 il governante del sultanato di Delhi, Alauddin Khalji, decise di assediare Forte Chittor, capitale del Mewar, perché spinto dal desiderio di catturare Rani Padmini.

Secondo il Padmavat, quando la presa della città era ormai certa, gli uomini uscirono per uccidere più nemici possibili prima della caduta, e la regina Rani Padmini si immolò su una pira infuocata con le altre donne della città, commettendo jauhar, cioè un suicidio di massa per sfuggire al disonore della cattura da parte dei nemici.

A suscitare le proteste da parte di gruppi indù, di alcuni membri delle famiglie reali indiane e del partito di governo Bharatiya Janata, sono state alcune indiscrezioni sulla pellicola, accusata di voler inscenare una relazione romantica tra la regina indù Padmavati e il re invasore Alauddin Khilji, di religione musulmana.

Mentre l’esistenza reale di Khilji è accertata dagli storici, non esistono invece prove che Padmavati sia realmente esistita. La regina potrebbe quindi essere un personaggio inventato dal poeta Malik Muhammad Jayasi. In ogni caso, la sua figura è particolarmente celebrata dalla casta indù Rajput in India, a cui appartiene il personaggio del poema.

A nulla è servito il chiarimento del regista Sanjay Leela Bhansali, che ha dichiarato che non ci saranno “scene romantiche, canzoni o sequenze di sogni tra Rani Padmavati e Alauddin Khilji”.

Alcuni membri di un gruppo indù a gennaio 2017 hanno fatto irruzione sul set e aggredito Bhansali e altri. Dopo l’attacco, il regista ha accettato di cancellare alcune scene ritenute offensive, secondo quanto riporta il Guardian.

Un portavoce dello stesso gruppo giovedì 16 novembre ha detto che avrebbero “tagliato il naso” di Padukone dopo che l’attrice aveva detto che le proteste non avrebbero fermato l’uscita del film.

I gruppi Rajput e i reali che appartengono alla “casta dei cavalieri” hanno inoltre protestato perché nel trailer del film l’attrice balla e ha la pancia scoperta.

Il governo dello stato indiano di Karnataka, secondo The Hindu, ha deciso di offrire protezione all’attrice e alla sua famiglia.

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