Un attivista taiwanese è stato condannato a cinque anni di carcere in Cina
Li Ming-che, insegnante universitario e attivista di una ong per i diritti umani a Taiwan, aveva fatto perdere le tracce dopo essere partito per la Cina lo scorso marzo
L’attivista taiwanese Li Ming-che, è stato condannato il 28 novembre in Cina, a cinque anni di prigione con l’accusa di aver tentato di “sovvertire il potere dello stato”. Un verdetto che il Partito progressista democratico, che guida la maggioranza a Taiwan, ha definito “totalmente inaccettabile”.
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Li Ming-che, insegnante universitario e attivista di una ong per i diritti umani a Taiwan, aveva fatto perdere le tracce dopo essere partito per la Cina lo scorso marzo.
Nella prima udienza di settembre Li aveva confessato di aver collaborato con un altro cittadino cinese nella realizzazione di documenti contro il governo di Xi Jinping e nella promozione dei valori delle democrazie occidentali tramite social network e altre piattaforme.
I familiari e i colleghi hanno difeso l’attivista e sua moglie ha affermato di non riconoscere l’autorità del tribunale che ha condannato Li Ming-che.
La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha respinto il verdetto emesso dalla corte di Yueyang in quanto “l’idea di diffondere i valori della democrazia è innocente”.
“È deplorevole che il caso di Lee Ming-che abbia seriamente compromesso i rapporti tra Taiwan e Cina e sfidato gli ideali di democrazia e libertà che tanto stanno a cuore al popolo taiwanese”, ha detto Tsai Ing-wen.
I gruppi per i diritti umani hanno criticato la condanna, che William Nee di Amnesty International ha definito “assolutamente vergognosa”.
Dall’elezione di Tsai Ing-Wen alla presidenza di Taiwan l’anno scorso, i rapporti tra i due paesi si sono inaspriti più del solito. Pechino continua a considerare Taiwan una provincia distaccata che prima o poi verrà riannessa.