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Home » Esteri

Attacco Usa in Siria, quali saranno le conseguenze e cosa succede adesso

Immagine di copertina
Credit: Mandel NGAN

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si riunisce per discutere la situazione siriana dopo che Usa, Francia e Regno Unito hanno effettuato attacchi missilistici nella notte

Attacco Usa in Siria, quali saranno le conseguenze e cosa succede adesso

L’attacco in Siria effettuato nella notte tra il 14 e il 15 aprile 2018 da Stati Uniti, Francia e Regno Unito potrebbe aprire a nuovi scenari per la crisi siriana e soprattutto per i rapporti con la coalizione opposta, formata oltre che dal regime di Bashar al Assad anche da Russia e Iran.

I bombardamenti statunitensi non sono un elemento nuovo della guerra in Siria: basti pensare che lo scorso anno un’azione simile messa in atto dagli Usa contro una base aerea siriana distrusse venti velivoli militari dell’aviazione di Assad.

In quel caso, tuttavia, gli Stati Uniti utilizzarono 59 missili Tomahawk (qui cosa sono e come funzionano)

L’attacco di oggi sabato 14 aprile, invece, ha utilizzato quasi il doppio dei missili (110 in tutto), per colpire tre diversi obiettivi, incluso un centro di ricerca alla periferia di Damasco.

L’obiettivo principale dei bombardamenti in territorio siriano, come specificato da Theresa May, non era quello di rovesciare il regime siriano, ma di disincentivare l’utilizzo di armi chimiche che l’Occidente ritiene siano state usate da Assad nell’attacco di Douma, nei dintorni di Damasco, dove almeno cento persone hanno perso la vita (qui cosa sono le armi chimiche e come funzionano).

Non a caso, le autorità francesi hanno detto che Mosca era stata informata degli attacchi: notizia confermata anche dai russi, anche se negata dal Pentagono. Se l’ipotesi di questo canale di comunicazione tra Usa e Russia fosse vera, significherebbe che davvero l’obiettivo non era colpire Mosca, potente alleato di Assad.

Sullo sfondo dell’operazione militare, tuttavia, rimane il deterioramento dei rapporti tra Mosca e Londra per il caso Skripal, che di certo non semplifica la situazione.

Ma quali sono le possibili conseguenze dell’attacco di Stati Uniti, Francia e Regno Unito?

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu si riunisce oggi 14 aprile alle ore 17 per discutere proprio della situazione siriana, su richiesta della Russia, per cui le prime conseguenze potrebbero già arrivare in giornata.

L’operazione militare, infatti, non è stata autorizzata preventivamente dal Consiglio di Sicurezza Onu, come già accaduto per l’intervento militare degli Stati Uniti nel 2003 in Iraq, e questo potrebbe comportare delle sanzioni per i paesi che vi hanno partecipato.

Un ulteriore elemento che potrebbe giocare a sfavore degli autori dell’attacco è la scelta di non aspettare che gli osservatori dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) arrivassero in Siria per valutare ed esprimere un giudizio sull’effettivo utilizzo di armi chimiche.

Nella sua conferenza stampa della mattina del 14 aprile, Theresa May ha parlato di “diverse prove” che l’Occidente avrebbe ottenuto sul reale utilizzo di armi chimiche a Douma. La premier britannica ha detto però di non poter parlare pubblicamente di tutte queste prove.

La vicenda richiama quella del 2003, quando l’allora premier Tony Blair disse di avere le prove del possesso di armi di distruzione di massa da parte del regime di Baghdad per giustificare l’intervento militare del Regno Unito al fianco degli Usa in Iraq. Informazioni poi rivelatesi errate.

May ha rassicurato comunque il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni che non ci sarà un’escalation militare verso la Siria.

Non è chiaro invece se ci saranno altri attacchi statunitensi, anche se il tweet di Trump (che parla di “missione compiuta”) sembra escluderlo.

Per il momento, la conseguenza più significativa sembra quella prodotta nei confronti dell’Iran, alleato di Assad e della Russia.

Teheran ha avvertito che ci saranno “conseguenze regionali”.

L’Iran è alleato di Mosca e Damasco e nemico storico di Israele per il controllo della regione. Proprio Israele potrebbe essere il primo obiettivo di una recrudescenza armata nella regione.

Tel Aviv lo scorso 9 aprile è stata accusata da Siria e Russia di aver compiuto un attacco missilistico contro un aeroporto militare nella provincia di Homs, in Siria, che ha provocato almeno 14 morti e diversi feriti.

Dopo gli attacchi statunitensi, la tensione nella zona è aumentata. L’Iran ha minacciato conseguenze a livello regionale attraverso il ministero degli Esteri.

“Questa è una palese violazione delle leggi internazionali che ignora la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Siria”, ha fatto sapere Teheran. “Indubbiamente gli Stati Uniti e i loro alleati che hanno agito contro la Siria senza alcuna prova certa sulle presunte attività chimiche e prima del responso dell’Opac sono responsabili delle conseguenze regionali e mondiali di questo attacco”.

In giornata, inoltre, il presidente iraniano Hassan Rohani ha parlato al telefono con il presidente siriano, Bashar al-Assad, a cui ha rinnovato il suo sostegno.

“L’attacco americano alla Siria avrà effetti devastanti sul Medio Oriente”, ha detto Rohani. “Gli americani vogliono giustificare la propria presenza nella regione con questi attacchi”.

“Questa aggressione renderà solamente la Siria e il suo popolo più determinati nel combattere il terrorismo nel paese, centimetro dopo centimetro”, ha detto il presidente siriano Bashar Assad nel corso della telefonata.

Anche il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei è intervenuto, definendo “criminali” il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il francese Emmanuel Macron e il premier britannico Theresa May a causa dell’attacco militare contro il regime siriano.

Come sottolinea il Guardian, Mosca potrebbe rispondere in difesa dei suoi alleati, e ha già minacciato di farlo, rinforzando i sistemi di difesa aerea siriana, una mossa che potrebbe preoccupare Israele.

Potrebbe inoltre vendicarsi con un cyber-attacco. Oppure, in vista della Coppa del Mondo, potrebbe optare per un periodo di tranquillità.

Poche ore prima del raid, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, aveva detto che la guerra fredda era tornata “a vendicarsi”. Che abbia ragione? Per il momento, il sistema di equilibri tra le potenze mondiali, pur messo a dura prova, sembra reggere.

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