L’Fbi sapeva del pericolo di un assalto in Congresso prima del 6 gennaio
Il 5 gennaio 2021, il giorno prima che centinaia di manifestanti pro Trump prendessero d’assalto il Congresso di Washington causando cinque morti e decine di feriti, la sede dell’FBI di Norfolk, in Virginia, aveva avvertito Washington del pericolo che alcuni manifestanti stessero organizzando un’azione violenta nella capitale federale. A rivelarlo è il Washington Post, entrato in possesso della copia di una nota redatta da un ufficiale della sede di Norfolk.
Il rapporto informativo contraddice quanto dichiarato all’indomani dell’insurrezione in Congresso dal capo dell’Fbi di Washington, Steven D’Antuono, e cioè che l’Intelligence non aveva ricevuto informazioni circa la possibilità che qualcuno dei manifestanti stesse organizzando un’azione violenta. Eppure il rapporto interno visionato dal quotidiano statunitense – trasmesso dall’ufficio di Norfolk alle altre sedi dell’Fbi, tra cui anche quella di Washington – non solo spiegava che i sostenitori del presidente uscente si stavano organizzando per raggiungere la capitale federale partendo dalla Pennsylvania, dal Kentucky dal Massachussets o dalla Carolina del Sud, ma mostrava che i manifestanti non stavano pianificando una semplice manifestazione.
Alcuni avevano a disposizione una mappa dei tunnel del complesso del Campidoglio, e si scambiavano messaggi che incitavano alla violenza. “Siate pronti a combattere. Il Congresso ha bisogno di sentire i vetri rompersi, le porte sfondarsi e di vedere il sangue dei loro schiavi di Blm e Pantifa scorrere”: il documento dell’Fbi riportava una conversazione rintracciata online, che si riferiva probabilmente ai membri del movimento per i diritti civili Black Lives Matter o del gruppo antifascista di estrema sinistra Antifa. “Basta chiamare questa una marcia, o una manifestazione, o una protesta. Preparatevi alla guerra. O ci prendiamo il nostro Presidente o moriamo. Nient’altro potrà raggiungere questo obiettivo”.
Dopo la pubblicazione dell’inchiesta, il capo dell’Fbi di Washington – che venerdì 8 gennaio aveva detto ai reporter di “non aver potuto prevedere nulla” che andasse oltre una marcia legalmente autorizzata – ha ammesso di aver visionato la nota e che questa era stata inviata a tutti i corpi di polizia interessati e alle agenzie statali e federali della rete anti terrorismo che avrebbero potuto agire sulla base di quelle informazioni. Tra queste anche la Capitol Hill Police, responsabile della sicurezza dell’edificio sede del Congresso Usa.
Eppure, da un lato, secondo D’Antuono “non c’era molto da fare” perché l’autore di quei messaggi che incitavano alla “guerra” era anonimo e non poteva essere rintracciato. Dall’altro lato, la nota stessa avvertiva la polizia di non condividere quelle informazioni al di fuori della rete anti terrorismo e di non intraprendere nessuna azione prima di consultarsi con l’FBI.