Assad contro Maometto
Le forze del governo siriano hanno distrutto il mausoleo di Khaled bin Walid, compagno del profeta Maometto
Secondo quanto riportato dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani, la nuova offensiva dell’esercito di Assad ha preso di mira il mausoleo sunnita di Khaled bin Walid, un compagno del profeta Maometto, al centro della città di Homs. Non è chiaro se sia stato un errore o un atto intenzionale, ma sembra che la battaglia in Siria abbia preso un carattere settario.
Il regime di Assad ha scatenato la sua potenza militare sulle roccaforti dei ribelli nella provincia di Homs e riconquistato le città di frontiera di Qusair e Talkalakh, oltre a bombardare le zone della provincia attorno alla capitale, Damasco. Dopo quattro settimane dall’inizio della controffensiva l’attacco dell’esercito fedele al regime è così intenso che i ribelli ammettono di non poter resistere ancora per molto.
I rapporti sulla distruzione del luogo di pellegrinaggio musulmano sunnita parlano di una campagna militare intensa per recuperare le aree controllate dai ribelli attorno a Homs, città strategica di collegamento.
Fino a ieri dentro la zona di Khaldiyeh controllata dai ribelli, la moschea di Khaled bin Walid aveva già subito notevoli danni durante la prima battaglia per il controllo della città. Un video amatoriale distribuito dagli attivisti ieri ha mostrato le immagini della moschea, rinomata per i suoi due minareti, e di ciò che è stato identificato come il mausoleo distrutto. Le immagini mostrano cumuli di macerie, pietra e metallo.
Un’attivista di nome Yazan che vive a Khaldiyeh ha detto all’Afp che la moschea detiene importanza simbolica “non solo per i residenti di Homs, ma per i sunniti nel suo complesso. La gente veniva a visitare il santuario da tutto il mondo.
Khaldiyeh e i quartieri della Città Vecchia di Homs sono ancora sotto il controllo dei ribelli ma sono oggetto del soffocante assedio dell’esercito di Assad e ci sono stati attentati quasi quotidiani per più di un anno. Il mausoleo di Bin Walid è l’ultimo di una serie di siti religiosi e culturali siriani danneggiati o distrutte nel corso della guerra in corso da 28 mesi in Siria.