Indovina chi viene a Downing Street: l’ascesa di Rishi Sunak è una svolta epocale, non solo per Londra
È il primo capo del governo di origine indiana ed è più ricco di Re Carlo III. L’arrivo di Rishi Sunak al vertice della politica britannica è carico di simbolismo, non solo per la Gran Bretagna. La più grande storica indiana vivente, Romila Thapar, spiega perché a TPI
«Qualcuno a Delhi già dice: “L’impero colpisce ancora!”, ricordi il film di Guerre Stellari?», scherza Romila Thapar. È il giorno di Diwali, forse la festa più importante del calendario indù, e Rishi Sunak ha appena ottenuto la leadership del Partito conservatore, lo stesso – per intenderci – di Winston Churchill. «È solo una battuta», ci confida Thapar, che a 90 anni, professoressa emerita alla Jawaharlal Nehru University di New Delhi, è considerata la più grande storica vivente dell’India. «Ma è un vero ribaltamento». A 75 anni dall’indipendenza dal Raj britannico, al n. 10 di Downing Street è infatti arrivato il primo premier di origine indiana della storia.
«Una volta eravamo la prima e più importante colonia dell’Impero», ricorda la studiosa a TPI. «Allora ci governavano gli inglesi e ora invece si è ribaltato tutto: un indiano è il Primo Ministro della Gran Bretagna», aggiunge, non senza notare l’ironia. Anche perché allora lei c’era e non faceva certo da spettatrice, tanto che una volta fu persino rimproverata dal Mahatma Gandhi. Era il 1944 e la tredicenne Thapar, figlia di un medico militare al servizio dell’impero, studiava a Pune, nell’India occidentale. Un giorno, dopo la liberazione del leader indipendentista da uno dei numerosi arresti disposti dal governo coloniale britannico, decise di partecipare a una riunione organizzata da Gandhi e di chiedergli un autografo alla fine dell’incontro. Quando la vide, il Mahatma la redarguì perché indossava abiti prodotti nelle fabbriche inglesi invece di vestire tessuti realizzati in India. Lei scappò a casa, chiedendo ai genitori di non comprarle più capi importati dall’estero. Ne andava, come predicava il leader indiano, della sua identità.Qualche anno dopo, come tutti anche Thapar visse in prima persona la tragedia della “partition” dell’impero tra India e Pakistan, che dopo il 1947 provocò un milione di morti e 15 milioni di sfollati nell’ex colonia. La sua famiglia proveniva infatti da Lahore, oggi oltre il confine, proprio come quella del neo-premier britannico.
Se la notizia dell’ascesa di Sunak al vertice della politica di Londra ha scatenato note di giubilo sui media indiani – l’emittente Ndtv ha parlato addirittura di «chiusura del cerchio della storia» – non è passata inosservata nemmeno nel vicino Pakistan. Qui in tanti, sui social e in tv, hanno notato che i nonni del nuovo inquilino di Downing Street provenivano da Gujranwala, località situata nell’odierno Punjab pachistano, sottintendendo che Islamabad avrebbe diritto tanto quanto Delhi a rivendicare l’orgoglio – citando sempre l’emittente Ndtv – di «un figlio che si erge sull’impero». Ma il problema non si limita alla storica rivalità tra India e Pakistan. «La questione di quanto sia britannico e quanto sia stato cresciuto come un indiano è stata già sollevata da qualcuno in Gran Bretagna ed è oggetto di dibattito», ci spiega la storica Thapar, secondo cui però – per quanto preoccupante – è una reazione attesa. «In un contesto di globalizzazione tali domande (sull’identità dei leader figli di immigrati di seconda generazione, ndr) diventeranno sempre più frequenti».
È quanto emerge anche da un caso, piuttosto allarmante, accaduto qualche giorno fa durante una trasmissione di Radio Lbc London. Un presunto militante conservatore, tale Jerry, intervenuto a un talk show, si è spinto ad affermare che Rishi Sunak «non è nemmeno britannico, secondo la maggior parte delle persone». All’obiezione della conduttrice che il neo-premier è nato a Southampton, ha studiato al Winchester College ed è cittadino britannico, l’ascoltatore ha risposto che «non basta il passaporto per essere un patriota» e che «l’85 per cento degli inglesi sono bianchi e vogliono vedere un primo ministro che li rappresenti». «Non posso semplicemente andare in India e fare il presidente, giusto?», ha concluso Jerry. Eppure, per quasi due secoli, Londra ha dominato il subcontinente togliendo ai nativi il diritto all’autogoverno, ma ora che a Downing Street siede un discendente dei colonizzati sembra di tornare a quanto successo negli Usa nel 2008.
Non a caso il responsabile del tempio indù di Southampton, fondato dal nonno e dal padre di Sunak nel 1971, ha parlato di “momento Obama” per il Regno Unito. Per certi versi può anche sembrare così. Come osservato dal Dainik Bhaskar, il quotidiano in lingua hindi più letto del Paese asiatico, i cittadini britannici di origine indiana oggi residenti nel Regno Unito (circa 1,6 milioni) superano di dieci volte il numero di funzionari del Raj e delle loro famiglie stanziati nel subcontinente ai tempi dell’impero (poco meno di 150mila). Quasi il 43 per cento di queste persone, secondo un’indagine Ipsos del 2020, è nato in Gran Bretagna, mentre più di un terzo di tutti i cittadini britannici di origine indiana ha meno di 34 anni. Molti sono perfettamente integrati nella società: il 31 per cento svolge una professione come ingegnere o avvocato, il 74 per cento possiede la casa in cui abita e il 43 per cento ha un reddito medio-alto. Eppure, a differenza dell’ex presidente degli Stati Uniti, non è detto che Sunak rappresenti queste o altre persone.
Non solo il neo-premier è arrivato a Downing Street perché nominato dal gruppo parlamentare conservatore e non per effetto di un’elezione, ma i dati sui flussi elettorali riguardanti i cittadini britannici di origine indiana sono piuttosto preoccupanti per i Tory. Nelle ultime tre consultazioni, una percentuale intorno al 60 per cento degli elettori di questa comunità ha scelto i laburisti invece dei conservatori. Come notato in un tweet poi cancellato dalla deputata laburista Nadia Whittome, anch’essa di origine indiana, Sunak è solo «un multimilionario (con un patrimonio familiare stimato in 830 milioni di dollari, superiore a quello della coppia reale, ndr) che, in qualità di cancelliere (ministro delle Finanze, ndr), ha tagliato le tasse sui profitti delle banche e supervisionato il più grande calo del tenore di vita dal 1956». Per questo, secondo Whittome, la nomina del nuovo premier non è una vittoria per le minoranze. «Nero, bianco o asiatico: se lavori per vivere, lui non sta dalla tua parte».
Inoltre, non ci sono prove che Sunak intenda appoggiare le cause care agli indiani e fare i conti con il passato coloniale: dalla restituzione dei tesori portati a Londra ai massacri compiuti all’epoca. L’unico annuncio relativo all’India risale a qualche mese fa ed è suonato da subito molto criptico. Durante l’ultima corsa per la leadership dei Tory, poi vinta da quella Liz Truss che per meno di 50 giorni l’ha preceduto a Downing Street, Sunak aveva dichiarato che «il Regno Unito dovrebbe imparare dall’India». Non è chiaro se in termini di convivenza o economici. «Nessuno è in grado di insegnare nulla agli altri», ci spiega però la storica Romila Thapar che, dopo una vita spesa a difendere i valori della democrazia e della laicità, conosce bene cosa ha voluto dire l’ascesa dei nazionalisti guidati dal premier Narendra Modi. «Per prima cosa ognuno deve mettere ordine in casa propria».