Armenia, il premier annuncia le dimissioni: il paese al voto anticipato
Una volta al potere, Pashinyan aveva promesso di introdurre una serie di riforme per poi indire nuove elezioni.
Il premier armeno, Nikol Pashinyan, ha annunciato il 16 ottobre le sue dimissioni in diretta tv. Il paese andrà così a elezioni anticipate.
Le dimissioni erano attese in giornata ed erano state anticipate dalle dichiarazioni del suo portavoce.
Nikol Pashinyan, ex giornalista di 42 anni e leader carismatico, era stato eletto primo ministro dell’ex repubblica sovietica l’8 maggio 2018, dopo 3 settimane di proteste conclusesi con la caduta di Serzh Sargsyan, leader del Partito repubblica d’Armenia.
Una volta al potere, Pashinyan aveva promesso di introdurre una serie di riforme per poi indire nuove elezioni.
Il primo ministro dimissionario ha guidato quella che è diventata nota come la “Rivoluzione di velluto” dell’Armenia. Si è impegnato a sostegno dei diritti umani e contro corruzione e brogli elettorali.
“Tutte le persone sono uguali davanti alla legge, non ci saranno persone che godono dei privilegi in Armenia e altre no”, aveva detto l’ex giornalista una volta ottenuto l’incarico di primo ministro.
Migliaia di sostenitori si erano radunati nella capitale Yerevan mentre Pashinyan chiedeva la fiducia al parlamento.
Nikol Pashinyan era riuscito a diventato premier l’8 maggio 2018, dopo che il primo maggio la sua investitura era stata ostacolata dallo stesso partito di maggioranza.
Le proteste e la nomina di Pashinyan
Il 17 aprile 2018 il Parlamento armeno aveva approvato la nomina a primo ministro dell’ex presidente Serzh Sargsyan, leader del Partito repubblica d’Armenia.
Il leader repubblicano, 63 anni, ex ufficiale dell’esercito, aveva vinto le elezioni presidenziali nel 2008 ed era stato rieletto per un secondo mandato nel 2013. In passato era già stato premier a cavallo tra il 2007 e il 2008.
L’ex presidente aveva trasformato il paese in una Repubblica parlamentare per poter ottenere la carica di primo ministro e continuare a governare oltre i due mandati previsti dalla costituzione come presidente dell’Armenia.
Il leader partito di opposizione Elk, Nikol Pashinyan, ha guidato le manifestazioni iniziate il 13 aprile nel tentativo di impedire lo svolgimento del voto.
“In tutta la repubblica hanno luogo azioni di protesta, scioperi, vengono bloccate le strade. Io do l’annuncio dell’inizio della rivoluzione di velluto”, aveva dichiarato Pashinyan in un comizio durante le proteste.
L’avvocato ha più volte ribadito che le manifestazioni da lui guidate erano pacifiche e ha chiesto “la nomina di un primo ministro del popolo”, la formazione di un governo provvisorio e le elezioni anticipate.
Secondo gli osservatori, l’obiettivo di Pashinyan era quello di ricoprire la carica di premier e modificare il sistema elettorale per poi indire nuove elezioni democratiche anticipate.
I primi scontri tra i manifestanti e la polizia che hanno portato alla caduta del governo sono avvenuti lunedì 16 aprile. Dopo i primi giorni di proteste, almeno 46 persone sono rimaste feritenegli scontri con la polizia e numerosi manifestanti sono stati arrestati a Yerevan, capitale della città, dove si erano radunati circa 40mila cittadini.
Il 23 aprile Serzh Sargsyan si è dimesso dalla carica di primo ministro, dopo che anche le forze armate si sono schierate con gli insorti.
A seguito delle dimissioni di Sargsyan, il potere era passato nelle mani del primo ministro ad interim Karen Karapetya, ma Pashinyan aveva subito convocato nuove manifestazioni per chiedere la rimozione dal potere dell’intero Partito repubblicano, a cui appartiene lo stesso Sargsyan, erede del Partito comunista e a capo del paese dall’indipendenza dall’URSS.
Il primo maggio, dopo 3 settimane di manifestazioni, si credeva che Nikol Pashinyan sarebbe diventato il nuovo primo ministro dell’Armenia, ma non è riuscito a raggiungere la maggioranza parlamentare necessaria per ottenere l’incarico.
Dopo il deludente risultato, Pashinyan ha chiesto ai manifestanti di bloccare totalmente il paese ed è riuscito ad ottenere la carica di primo ministro l’8 maggio, mettendo fine alle proteste.