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L’Arizona, da roccaforte repubblicana a stato in bilico

Immagine di copertina
Il lago Apache. Credit: Bernard Gagnon/Wiki Commons

Dal 1952 al 2016 l’Arizona ha sempre votato il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali con la sola eccezione della vittoria di Bill Clinton nel 1996. Ha votato per i repubblicani persino nel 1960, quando fu l’unico stato fuori dal profondo sud in cui il presidente democratico Lyndon Johnson venne sconfitto. L’Arizona è stato per lungo tempo ritenuto una delle massime roccaforti del GOP finché nel 2020 l’incantesimo è finito con la vittoria di Joe Biden con un margine risicato di appena lo 0,3 per cento. Qualcuno potrebbe notare che già nel 2016, nonostante sia nello stato che a livello nazionale di Donald Trump, il dato dei democratici in Arizona fu più positivo del solito, tanto che Hillary Clinton lo aveva originariamente messo tra gli obiettivi da espugnare: un fatto che lascia pensare a un percorso sociale e demografico già in atto da tempo che sta cambiando la tendenza elettorale di questo stato.

Intanto, l’Arizona è uno stato di circa sette milioni di abitanti che da anni vede una crescita demografica costante. Il 61 per cento di questi abitanti si trova nella contea di Maricopa, la cui principale città è Phoenix, capitale dello stato, anch’essa caratterizzata da una crescita demografica che ha avuto una costante tendenza al rialzo. Tale area si estende su due contee, la maggior parte nella Maricopa e in piccola parte nella Pinal, e nel 1990 contava poco più di due milioni di abitanti, nel 2000 poco più di tre, nel 2010 tre milioni e ottocento mila e nel 2020 circa quattro milioni e mezzo. Un’area urbana in forte espansione ma soprattutto con un notevole peso sulla popolazione complessiva dello stato, ragione per cui chi vince a Phoenix e nella contea di Maricopa può vincere lo stato dell’Arizona.

arizona elezioni usa 2020
I dati del voto in Arizona nel 2020 in ciascun precint

Se prendiamo i dati elettorali dal 2004 al 2020 della contea di Maricopa, vediamo come il divario tra repubblicani e democratici sia andato via via assottigliandosi, passando dai 14 punti di distacco del 2004 a poco meno di tre nel 2016, fino al sorpasso dem del 2020, in cui Biden ha battuto Trump di poco più di due punti nella popolosa contea. A Phoenix si sta forse ripetendo quello cui si sta assistendo in molte grandi città americane, con i democratici che sono sempre più radicati nelle aree urbane e nelle metropoli a discapito delle aree rurali, e anche una città con un background più conservatore come la capitale dell’Arizona sta assistendo alla stessa tendenza.

Il resto dello stato, in cui di conseguenza vive una percentuale minoritaria della popolazione, è suddiviso in aree relativamente omogenee. Lo stato, innanzitutto, è abitato per oltre il 50 per cento da una popolazione bianca non ispanica e per circa il 30 per cento da persone di origine latina o ispanica. Gli afro-americani sono circa il 5 per cento, lievemente di più dei nativi americani (l’Arizona è il terzo stato per popolazione nativo-americana negli USA). Dal punto di vista religioso, il 39 per cento della popolazione è protestante, aderente a diverse denominazioni, il 21 cattolico e il 5 mormone.

Come ora vedremo, fuori dalla contea di Maricopa già presa in esame, i risultati elettorali negli anni non hanno visto particolari cambiamenti e la geografia del voto è rimasta abbastanza invariata. Il grosso della popolazione ispanica si trova al sud, al confine con il Messico, nelle contee di Santa Cruz (dove oltre il 70 per cento della popolazione ha origini latine) e Pima, intorno alla città di Tucson, e qui si sviluppa anche gran parte del voto democratico fuori dalla contea di Maricopa. Altre roccaforti democratiche sono invece la contea di Coconino, nel nord, e quella di Apache, nel nordest, in cui è particolarmente forte la presenza nativo americana, altro gruppo etnico che tradizionalmente vota il partito dell’asinello. Nel resto dello stato, invece, il voto è nettamente a favore dei repubblicani.

Attualmente, Donald Trump è dato leggermente favorito nei sondaggi in questo stato. La media tra le rilevazioni dei diversi istituti gli attribuisce un vantaggio di circa due punti percentuali, in linea con la tendenza del momento che lo vede lievemente in vantaggio nel collegio elettorale, ma va rilevato anche che questo vantaggio è ben più ridotto rispetto a quanto avrebbe ottenuto in passato un candidato repubblicano favorito, fatto che ci spiega come l’Arizona, nel futuro prossimo, potrebbe non essere più la roccaforte GOP del passato.

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