“Viviamo all’inferno”: le donne in Argentina che chiedono di legalizzare l’aborto
Ogni anno nel paese 500mila donne, lasciandosi operare con ferri da maglia, tubi di gomma, rametti di prezzemolo o l'uso di medicine senza assistenza medica, rischiano la vita per un aborto clandestino
“L’aborto gratuito, legale e sicuro è un diritto umano fondamentale”. Questo è uno degli slogan delle manifestazioni per la depenalizzazione dell’aborto cominciate in Argentina mesi fa.
Migliaia di attivisti si sono riuniti lo scorso 19 febbraio 2018 davanti al palazzo del Congresso a Buenos Aires, indossando bandane verdi (o pañuelos ), simbolo del movimento femminista in Argentina.
Famose leader femministe come Celeste Mac Dougall o Natalia Saralegui hanno guidato la manifestazione, affrontando la grande folla e sostenendo i diritti all’aborto e la necessità di un’educazione sessuale idonea.
“Questa è la continuazione della lotta che ha avuto luogo lo scorso anno, che richiede un’educazione sessuale completa e protocolli contro la violenza di genere nelle scuole” ha detto Saralegui.
L’Argentina ha una legge sull’educazione sessuale che è stata approvata nel 2006.
In teoria, assicurerebbe che i ragazzi abbiano accesso all’educazione sessuale durante gli anni del liceo, ma la realtà dipinge un quadro diverso, in cui molti studenti delle scuole superiori affermano di ricevere meno di due ore di educazione sessuale all’anno, e alcuni di loro, nessuna affatto.
L’aborto in Argentina invece è illegale tranne che in caso di stupro o quando la vita della donna è in pericolo. Ma anche in questi casi, le donne e le ragazze sono spesso oggetto di procedimenti penali o hanno difficoltà ad accedere a servizi sanitari come la contraccezione e la sterilizzazione volontaria.
La pratica dell’aborto ha costituito un crimine in Argentina dalla fine del diciannovesimo secolo. E l’attuale codice penale entrò in vigore nel 1880 includendo l’aborto come reato senza eccezioni.
Nel 1922 le disposizioni sul codice penale in materia di aborto furono modificate in modo da prevedere invece tre eccezioni: quando la vita o la salute della donna incinta è in pericolo, quando la gravidanza è il risultato di uno stupro e nel caso in cui la donna incinta è mentalmente invalida.
Durante la dittatura militare del 1976 – 1983, il codice penale è stato modificato per includere ulteriori restrizioni sull’aborto, che avevano finito per richiedere un “grave” pericolo per la vita o la salute di una donna e, in caso di stupro, l’avvio di un procedimento penale.
Nel 1984, dopo la reintegrazione del governo democratico, le disposizioni sull’aborto furono nuovamente modificate per ritornare alla formulazione del 1922, con una piccola ma sostanziale differenza: una virgola nel testo fu spostata.
L’effetto di questo cambiamento fu che le donne le cui gravidanze erano il risultato di uno stupro, dopo il cambiamento del 1984, non fu più permesso un aborto non punibile a meno che non fossero state dichiarate incapace di intendere o di volere.
Di conseguenza, il codice penale attuale prevede solo due eccezioni alla punizione: quando la vita o la salute della donna incinta sono in pericolo quando la gravidanza è il risultato dello stupro di una donna con disabilità mentale.
Dal 2003 la legge consente alle donne di accedere agli aborti per preservare anche la loro salute fisica o mentale.
A prescindere da queste situazioni specifiche, l’aborto rimane in gran parte illegale, e così gli attivisti da sempre combattono per gli aborti gratuiti, legali e sicuri per tutti, indipendentemente dalle circostanze.
Nel 2004, diverse proposte erano pendenti nel Congresso argentino, tutte volte a modificare le attuali disposizioni del codice penale per ampliare o limitare le situazioni in cui le sanzioni per l’aborto possono essere cancellate.
E così, ogni anno, nel paese vengono effettuati circa 500mila aborti clandestini, pari al 40 per cento di tutte le gravidanze, afferma un rapporto di Human Rigths Watch.
E anche quando sarebbe considerato legale i medici sono spesso riluttanti a procedere per paura di essere perseguiti.
La criminalizzazione dell’aborto consente alle cliniche clandestine di operare con scarso riguardo per la salute e la vita delle pazienti. Inoltre, induce le donne a prendere misure disperate, come tentare di abortire con ferri da maglia, tubi di gomma, rametti di prezzemolo o l’uso di medicine abortive senza assistenza medica.
Quando donne con un’emorragia in corso o che soffrono di infezioni potenzialmente letali causate da abusi si presentano negli ospedali pubblici, vengono maltrattate dal personale sanitario che addirittura spesso nega il trattamento.
Oppure, alcuni medici che eseguono il raschiamento post-aborto – il graffio molto doloroso dell’utero di una donna con uno strumento appuntito – a volte lo fanno senza anestesia.
Le donne che temono l’azione penale dopo aver subito aborti illegali sono scoraggiate dal cercare la necessaria assistenza dopo la pratica ricorrendo spesso in gravi danni per la loro salute. Victoria Analía Donda Pérez, politica e attivista argentina di sinistra riferisce che “ci sono giovani donne che vanno in prigione per aver subito la procedura. Questo non può andare avanti.”
Le complicazioni legate agli aborti clandestini sono la principale causa di morte tra le donne incinte in 17 su 24 delle province argentine, secondo Amnesty International .
Ad aprile, una donna di 27 anni della provincia di Tucumán, nel nordovest del Paese, è stata condannata a otto anni di carcere per omicidio aggravato dopo aver subito un aborto. Ne ha scontati due prima di essere assolta a marzo 2017.
Ecco che però la crescente domanda di modifiche della legge ha finalmente spinto Mauricio Macri, il presidente di centro destra dell’Argentina, che si è ripetutamente dichiarato ‘pro-life’, a cambiare tono.
I sostenitori a favore della scelta sono aumentati costantemente in numero dal 2015, quando sono iniziate le proteste contro la violenza di genere in Argentina, che si stima possa costare la vita di una donna ogni 30 ore .
Con il motto di Ni una menos (“Non uno di meno”, il che significa che non ci dovrebbero essere più donne per la violenza maschile) le proteste sono diventate impossibili da ignorare per i politici.
La settimana scorsa, il presidente Mauricio Macri aeveva comunicato che se il Congresso sarebbe stato favorevole a rendere più moderate le leggi sull’aborto ieri martedì 20 marzo 2018, non avrebbe posto il veto sulla decisione.
Il ministro della cultura argentino, Pablo Avelluto, ha già firmato una lettera aperta in cui 86 principali intellettuali argentini dichiarano il proprio sostegno alla depenalizzazione.
Ieri, martedì 20 aprile, la plenaria delle commissioni della Camera dei Deputati di Buenos Aires che analizzerà i progetti sulla depenalizzazione dell’aborto ha stabilito un programma di lavoro che inizierà martedì 10 aprile con l’obiettivo di emettere un parere definitivo tra la fine di maggio e l’inizio di giugno.
Questo è stato spiegato da Daniel Lipovetzki, deputato del partito del presidente argentino Mauricio Macri, presidente della commissione di legislazione generale, responsabile del trattamento del problema, per specificare gli aspetti principali del programma da seguire.
“Speriamo che ci sarà un dibattito profondo, rispettoso, che serve per avere informazioni, per ascoltare tutte le voci con un dibattito di intenso lavoro per diverse settimane”, ha detto il deputato macrista.
Uno spiraglio di dialogo che si apre in un clima di tensione che dura da anni.