Arabia Saudita, Aramco si quota in Borsa: può essere l’Ipo più grande della storia
Riad colloca sul listino locale un pacchetto tra l'1 e il 2 per cento della compagnia petrolifera: l'Ipo e la capitalizzazione possono stracciare tutti i record. Ecco perché il principe bin Salman cerca soldi sui mercati finanziari
Arabia Saudita, Aramco si quota in Borsa: può essere l’Ipo più grande della storia
L’Arabia Saudita ha ufficializzato la quotazione in Borsa di Aramco, la compagnia petrolifera nazionale: con lo sbarco sul listino di Riad (Tadawul) l’azienda si affermerà come la più ricca del mondo, mentre l’Ipo (offerta pubblica iniziale) che si prospetta potrebbe essere la più grande della storia, superando quella del colosso cinese dell’e-commerce Alibaba, datata 2014.
Il principe saudita, Mohammed bin Salman, ritiene che Aramco possa valere 2mila miliardi di dollari. Gli analisti di Borsa sono invece più orientati intorno intorno ai 1.500/1.600 miliardi. Se queste cifre fossero confermate dagli acquisti degli investitori, la compagnia saudita diventerebbe l’azienda più grande del mondo, superando la capitalizzazione di mille miliardi di dollari raggiunta nell’agosto 2019 dal gigante dell’informatica Apple.
I dettagli della quotazione di Aramco non sono ancora stati formalizzati, ma negli ambienti finanziari si dice che dovrebbe essere collocato sul mercato tra l’1 e il 2 per cento del gruppo. L’Ipo potrebbe fruttare, dunque, più dei 25 miliardi di dollari che Alibaba incassò cinque anni fa dalla sua quotazione a Wall Street, affermandosi come l’offerta pubblica iniziale più grande della storia.
Con oltre 10 milioni di barili prodotti ogni giorno, Aramco mette a segno da sola circa un decimo della produzione mondiale di petrolio. Nel 2018 la compagnia ha fatturato 356 miliardi di dollari (circa 100 in più di Apple) e ha registrato un utile di oltre 110 miliardi.
Aramco: il perché della quotazione
Aramco è una società interamente controllata dal Regno saudita. La sbarco in Borsa è stata ufficializzato solo dopo il via libera del principe ereditario bin Salman.
Come spiegato anche dal presidente del gruppo, Yasir al-Rumayyan, la quotazione della compagnia petrolifera sui mercati finanziari rientra in una più ampia strategia che mira a diversificare l’economia saudita, che oggi dipende principalmente dallo sfruttamento degli idrocarburi.
È probabile che gran parte dei proventi non finiranno direttamente nelle casse di Aramco, ma in quelle del Fondo di investimenti pubblici nazionale, il fondo sovrano utilizzato da Riad per questa riconversione dell’economia del regno.
L’Ipo, in particolare, potrebbe generare risorse preziose per il programma di riforme economiche denominato “Vision 2030”, voluto dal principe ereditario. Il piano prevede, tra le altre cose, la costruzione nel nord-ovest del paese di Neom, la “città del futuro”: un progetto da 500 miliardi di dollari.
Il Fondo di investimenti pubblici nel 2015 ha investito 3,5 miliardi di dollari in Uber e in generale sta collocando risorse in progetti sulle energie rinnovabili o in piani immobiliari che dovrebbero creare nuovi posti di lavoro.
Arabia Saudita e petrolio: la storia di Aramco
L’Arabia Saudita è il secondo paese al mondo per riserve di petrolio dopo il Venezuela e il secondo produttore dopo gli Stati Uniti.
L’Aramco fu fondata nel 1933 sulla base di un accordo tra Riad e la californiana Standard Oil Company (oggi Chevron). Tra il 1973 e il 1980, il Regno ha acquisito il controllo sull’intera azienda.
Nell’aprile 2018 il principe ereditario bin Salman ha nominato nel board della compagnia la manager statunitense Lynn Laverty Elsenhans, prima donna in assoluto a sedere nel board, proprio con l’obiettivo di condurre il gruppo alla quotazione in Borsa.
La quotazione dopo l’attacco
La notizia della quotazione arriva poche settimane dopo l’attacco contro la raffineria Aramco di Abqayq, la raffineria più grande del mondo. L’attacco, condotto con droni, è stato rivendicato dai ribelli Houthi, impegnati nella guerra contro le forze saudite nello Yemen. Dopo l’attacco, Aramco ha dichiarato di non aspettarsi ricadute sulle sue attività.