Arabia Saudita, a Riad apre il primo negozio di alcolici da oltre 70 anni: “Ma è solo per i diplomatici stranieri non musulmani”
Il regno del Golfo resta uno dei pochi Stati al mondo ad aver vietato l’alcol, insieme ai vicini Kuwait e all'emirato di Sharja negli Emirati Arabi Uniti
In Arabia Saudita ha aperto il primo negozio di alcolici in oltre 70 anni ma è riservato soltanto al personale diplomatico straniero non di religione musulmana.
Il punto vendita si trova nella capitale Riad, all’interno del quartiere diplomatico, in un Paese che ha bandito completamente il consumo di alcolici dagli inizi degli anni Cinquanta.
Aperto vicino a un supermercato, all’interno il negozio si presenta come un qualsiasi duty free di lusso di un grande aeroporto internazionale e, per il momento, soltanto liquori, vino e soli due tipi di birra.
All’ingresso, secondo un diplomatico anonimo intervistato dall’agenzia di stampa statunitense Associated Press, bisogna presentare ai commessi il proprio passaporto diplomatico e riporre i cellulari all’interno di apposite custodie. L’acquisto avviene attraverso un’app e quindi i clienti devono solo entrare e ritirare i prodotti.
L’apertura del nuovo punto vendita si inserisce nel quadro del programma di modernizzazione e liberalizzazione dei costumi voluto dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, intenzionato a rendere il regno arabo, tra le altre cose, una destinazione turistica internazionale per diversificare l’economia nazionale ancora fortemente dipendente dall’esportazione del petrolio.
La notizia segue poi una serie di informazioni trapelate sulla stampa locale riguardo le nuove regole entrate in vigore a partire dal 22 gennaio per la vendita e il consumo di alcolici al personale delle rappresentanze diplomatiche straniere di stanza a Riad e nel resto del Paese.
Secondo un articolo pubblicato la scorsa settimana dal quotidiano saudita online in lingua inglese Arab News, edito dal Saudi Research & Media Group vicino alla famiglia reale, le nuove norme mirano a “frenare l’importazione incontrollata di beni speciali e liquori attraverso le spedizioni diplomatiche”.
Il regno del Golfo resta uno dei pochi Stati al mondo ad aver vietato gli alcolici, insieme ai vicini Kuwait e all’emirato di Sharja negli Emirati Arabi Uniti. Lo Stato, fondato sulla visione Wahabita della religione islamica, applica la sharia, che considera “haram” (proibito) il consumo di alcolici.
Il divieto però risale “soltanto” al 1952 quando l’allora monarca Abdulaziz Al Saud, fondatore del regno saudita e meglio conosciuto come Ibn Saud, ne decretò il bando dopo un incidente che l’anno precedente aveva coinvolto uno dei suoi figli, avuto dalla sua concubina Bushra. Il 16 novembre 1951, sotto l’effetto dell’alcol, l’allora 19enne principe Mishari uccise un diplomatico britannico, il viceconsole di stanza a Gedda, Cyril Ousman, che si era rifiutato di versargli l’ennesimo drink durante un ricevimento organizzato in casa propria e a cui aveva invitato il figlio del re. Dopo quell’episodio, per cui Mishari (morto nel 2000) fu condannato per omicidio, il monarca decise di bandire gli alcolici dal regno.
Così, per anni, i diplomatici di stanza nel Paese e non solo, hanno fatto ricorso ai più diversi espedienti per procurarsi vino, liquori e birra, sfruttando la posta delle ambasciate o rivolgendosi al mercato nero. Una scelta pericolosa visto che, secondo il Dipartimento di Stato Usa, può costare a chi viene scoperto “lunghe pene detentive, pesanti multe, fustigazioni pubbliche e anche l’espulsione” dal Paese.