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L’appello di 21 eurodeputati: “L’Ue vieti il commercio con gli insediamenti di Israele nei Territori occupati palestinesi”

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La cosiddetta “barriera di sicurezza” che separa Israele dalla Cisgiordania e recinta gli insediamenti illegali israeliani nei Territori palestinesi occupati. Credit: Giulio Azzarello / AGF

Tra i firmatari figurano anche gli italiani Brando Benifei, Marco Tarquinio, Alessandra Moretti, Cecilia Strada e Leoluca Orlando

Ventuno europarlamentari, compresi gli italiani Brando Benifei, Marco Tarquinio, Alessandra Moretti, Cecilia Strada e Leoluca Orlando, hanno chiesto alla Commissione europea di imporre un divieto a livello comunitario al commercio con gli insediamenti illegali israeliani nei Territori palestinesi occupati e di verificare il rispetto da parte di Israele dell’accordo di associazione con l’Unione a seguito del parere consultivo emesso il 19 luglio scorso dalla Corte de L’Aja delle Nazioni Unite, secondo cui le colonie in Palestina violano il diritto internazionale.

La lettera dei 21 eurodeputati
“La Corte Internazionale di Giustizia ha affermato che tutti gli Stati hanno l’obbligo di non riconoscere, aiutare o assistere la situazione illegale derivante dall’occupazione israeliana e di garantire che Israele rispetti il ​​diritto internazionale”, si legge nella lettera inviata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell. “A questo proposito, la Corte sottolinea che gli Stati devono astenersi da relazioni commerciali o investimenti che mantengano la situazione illegale creata da Israele nei Territori Occupati”.

Il parere consultivo emanato dalla Corte de L’Aja, secondo i firmatari, “ha implicazioni significative per l’Ue, le cui politiche e azioni esterne devono essere guidate dal diritto internazionale”, come sancito dai trattati comunitari. “Ciò avviene in un momento in cui la catastrofica guerra a Gaza innescata dall’attentato di Hamas del 7 ottobre ha rinnovato l’attenzione sulla necessità della soluzione dei due Stati e vi è una pressante responsabilità dell’Ue nel sostenere l’ordine giuridico internazionale di fronte a molteplici minacce”.

Pertanto, gli europarlamentari coinvolti invitano la Commissione “ad agire e ad attuare rapidamente i risultati e le implicazioni del parere consultivo” del Tribunale dell’Onu. I firmatari chiedono, in primis, di “aggiornare la posizione dell’Ue sul conflitto israelo-palestinese” e di “allinearla alle conclusioni della Corte internazionale di giustizia”.

In secondo luogo propongono di “imporre un divieto al commercio con gli insediamenti illegali israeliani nei Territori occupati palestinesi” e di “rivedere l’accordo di associazione tra l’Unione europea e Israele, sulla base del paragrafo 278 del parere consultivo che invita gli Stati ad ‘adottare misure per prevenire relazioni commerciali o investimenti che contribuiscono al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nei Territori Occupati'”.

Quindi chiedono di “verificare il rispetto da parte di Israele dell’articolo 2 dell’Accordo di Associazione (con l’Ue, ndr), come già richiesto da Irlanda e Spagna a febbraio”. Tale disposizione, ricordano i firmatari, afferma che le relazioni tra Ue e Israele “si basano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici”. “Le constatazioni della Corte di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario nei Territori occupati sottolineano la necessità che tale verifica venga effettuata rapidamente”, sottolineano i 21 europarlamentari.

Infine domandano “una valutazione più ampia e approfondita delle implicazioni del parere consultivo” del Tribunale de L’Aja “per le politiche e per le azioni esterne dell’Ue e degli Stati membri, al fine di renderle pienamente conformi al diritto internazionale alla luce delle conclusioni della Corte”. “Tale rapporto dovrebbe essere reso pubblico e presentato agli organi competenti del Parlamento europeo”, aggiungono i firmatari.

“Lo storico parere della Corte internazionale di giustizia deve essere considerato un momento cruciale affinché l’Ue possa ricalibrare la propria politica nei confronti di Israele in modo da porre fine alla sua occupazione illegale, consentire la soluzione dei due Stati al conflitto, garantendo libertà e sicurezza per entrambi i popoli e difendere risolutamente l’ordine giuridico internazionale”, concludono i 21 europarlamentari.

Il parere della Corte Internazionale di Giustizia
Il 19 luglio scorso, con un parere non vincolante dal punto di vista giuridico, la Corte de L’Aja ha stabilito per la prima volta che gli insediamenti israeliani nei Territori occupati palestinesi violano il diritto internazionale. Con una risoluzione approvata l’anno scorso, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva chiesto alla Corte de L’Aja “un parere consultivo e non vincolante “sulle implicazioni legali delle azioni di Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

A febbraio, 52 Paesi avevano presentato le proprie argomentazioni in merito al Tribunale internazionale. Già all’epoca il premier israeliano Benjamin Netanyahu accusò l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di “distorcere i fatti storici” dichiarando che il popolo ebraico non può essere “un occupante” nella propria terra.

“Il popolo ebraico non è un conquistatore nella propria terra, né nella nostra eterna capitale Gerusalemme, né nella terra dei nostri antenati in Giudea e Samaria”, ha dichiarato il capo del governo dello Stato ebraico dopo il parere emesso dalla Corte il 19 luglio. “Nessuna falsa decisione de L’Aja distorcerà questa verità storica, così come non si può contestare la legalità dell’insediamento israeliano in tutti i territori della nostra patria”.

In passato Israele ha sempre ignorato pronunciamenti simili in sede internazionale, anche se per la prima volta è un tribunale dell’Onu a esaminare la questione, ancorché con un parere non vincolante. L’ultimo pronunciamento simile risaliva a oltre vent’anni fa, quando nel 2003 la Corte de L’Aja dichiarò che il muro di separazione (la cosiddetta “barriera di sicurezza”) tra Israele e la Cisgiordania violava il diritto internazionale.

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