Antisemitismo in cattedra alla Cornell University
Dagli attacchi di Hamas, le aggressioni e gli atti di vandalismo contro gli ebrei sono aumentati del 388% negli Usa. Soprattutto nelle università: nell’ateneo di New York uno studente è stato arrestato per minacce. E ora gli altri non si sentono più al sicuro
Una nuova ondata di antisemitismo minaccia di scuotere un mondo già profondamente instabile. Secondo un report pubblicato dalla Anti-Defamation League – la principale ong ebraica nata a New York nel 1913 con lo scopo di contrastare qualsiasi forma di odio verso gli ebrei – in seguito all’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre, le molestie, le aggressioni e gli atti di vandalismo sono aumentati del 388 per cento rispetto allo stesso periodo nel 2022. La stessa organizzazione ha registrato un’impennata significativa degli episodi di antisemitismo negli Stati Uniti, specialmente nei campus universitari.
Sabato 28 e domenica 29 ottobre una serie di messaggi anonimi sono stati pubblicati su un forum di discussione della Cornell University di Ithaca, New York; in cui un individuo minacciava, tra le altre cose, di «accoltellare e tagliare la gola a qualsiasi ebreo» che avesse incontrato per strada.
Le schermate dei messaggi dal contenuto estremamente violento sono state condivise da un ex alunno della Cornell su X. L’utente in questione ha evidenziato tutti i messaggi che invitavano alla violenza estrema contro la comunità ebraica, compresi gli inviti espliciti allo stupro e all’omicidio di donne ebree e al pedinamento di quest’ultime per far loro del male.
Una minaccia vera e propria è stata rivolta anche alla mensa Kosher del college – nota come 104 West – da parte di un ignoto che ha firmato le sue missive con molteplici nominativi: “Soldato Hamas” e “Kill The Jews”, sostenendo che la sua unica vocazione fosse quella di «eliminare la vita di tutti gli studenti ebrei dal campus».
Questo ha portato a un aumento significativo della paura tra gli studenti ebrei, molti dei quali sarebbero talmente spaventati da non riuscire a lasciare i loro dormitori.
Terrore nel campus
«È un periodo estremamente difficile e terrificante», ci racconta una studentessa della Cornell. «Sembra che la mia vita all’interno del campus sia stata completamente capovolta dopo il 7 ottobre. È difficile concentrarsi e sono diventata iper consapevole di tutto quello che mi circonda. Avevo paura di fermarmi nel campus anche ben prima delle minacce di morte inviate alla nostra mensa Kosher e all’organizzazione Hillel (la più grande e inclusiva organizzazione delle comunità ebraiche “on-campus” ndr). Molte persone sostengono palesemente Hamas e la cosa peggiore è che non lo nascondono».
Un’altra studentessa ha condannato anche l’atteggiamento dei docenti della prestigiosa università. «Dopo che uno dei professori dell’ateneo, Russell Rickford, ha definito “esilaranti” i brutali attacchi di Hamas senza che le sue parole venissero condannate, molti studenti e docenti della Cornell stanno pensando che sia accettabile tenere discorsi antisemiti e antisionisti. Gli studenti pensano che sia giusto graffitare il nostro campus con frasi come “Sionismo = Genocidio” e “F*ck Israel”, sapendo che non ci saranno ripercussioni nei loro confronti. La nostra vita è diventata estremamente scomoda e spaventosa», ci spiega.
La stessa amministrazione Biden ha avvertito le scuole e i college statunitensi, invitandoli a prendere provvedimenti immediati per fermare i ripetuti atti di antisemitismo, citando un “allarmante aumento” di minacce fisiche e verbali. Entrambe le ragazze ci raccontano di esserne state direttamente o indirettamente protagoniste.
«Recentemente ho dovuto congedarmi dal lavoro che svolgevo all’interno del campus. Uno dei miei colleghi prendeva in giro gli ebrei e gli israeliani, perché non gradivamo le azioni brutali di Hamas compiute il 7 ottobre. Sono stata guardata male perché indossavo una Magen David al collo, mi sono state poste domande inappropriate e provocatorie sugli ebrei e sul sionismo negli spazi comuni del campus e ho pure visto strappare i poster degli ostaggi dalle pareti dell’università in pieno giorno».
«Diversi studenti trovano accettabile fare commenti maligni in nostra presenza», aggiungono. «Ci dicono che quanto sta accadendo sia il corrispettivo di ciò che è stato fatto ai Nativi Americani. Parlano di come i loro genitori lavorino per i “ricchi ebrei”. Alcuni studenti hanno pure risposto alla richiesta di congedo del professor Rickford, dichiarando che questo è ciò che succede quando un campus viene finanziato dagli ebrei».
Nessun dialogo
Martedì 1 novembre la polizia di Ithaca ha arrestato Patrick Dai, uno studente in procinto di laurearsi presso l’istituzione privata nel 2024 e che di recente si era assentato da scuola per due semestri, a causa della sua salute mentale precaria.
«Mi sono seduta di fianco a lui durante una lezione di filosofia questo semestre», confessa una delle due studentesse, che preferiscono mantenere l’anonimato. «Il fatto che una persona con cui ho parlato in classe abbia fatto una serie di affermazioni deplorevoli sulla mia comunità, mi ha fatto sentire ancora più terrorizzata. Non avrei mai sospettato che potesse fare una cosa del genere».
Il recente sondaggio condotto sugli studenti universitari ebrei dalla Hillel International, mostra che più della metà degli intervistati (il 56%) afferma di sentirsi spaventato al pensiero di dover frequentare attivamente il suo college. Inoltre, uno studente ebreo su quattro (il 25%) afferma che dall’inizio della guerra si sono verificati atti di odio o violenza fisica e verbale all’interno del proprio campus. Solo la metà si è dichiarata soddisfatta della risposta immediata della propria università.
Per questo motivo, immaginarsi un futuro nitido risulta complicato per chi frequenta aule, sale comuni, corridoi e biblioteca quasi tutti i giorni.
«Gli studenti ebrei sono frustrati e vorremmo solo che i nostri coetanei ci ascoltassero. La Cornell ha una comunità ebraica molto grande e vivace. Non vorrei mai che gli studenti ebrei delle scuole superiori decidessero di non frequentarla, perché essere parte della comunità ebraica del campus è stato indubbiamente il punto forte della mia esperienza accademica. Spero che si facciano progressi per mantenere gli studenti al sicuro».
Anche la sua collega ribadisce quello che si dimostra essere un sentimento condiviso. «Dovrebbe esserci un dialogo più produttivo tra studenti ebrei e non-ebrei. Quando nel campus ci sono numerosi gruppi di studenti che si rifiutano di ascoltarci, sostenendo apertamente Hamas, risulta difficile credere che sia possibile. La gente non si preoccupa degli ebrei. Siamo l’unica minoranza, solo lo 0,2% del mondo, che non viene inclusa negli sforzi della DEI (Diversity, Equity, and Inclusion ndr) o protetta dalle nostre istituzioni. Questo mi terrorizza».
Il messaggio che le due giovani donne vogliono far risuonare oltre le mura del proprio college è forte e chiaro, persino necessario e coraggioso. «Spero che tutti gli studenti, ebrei e non, si uniscano e si oppongano all’odio. La cosa più significativa che una persona non ebrea può fare per i suoi amici ebrei è mandare un messaggio e chiedere: “Come stai? Sappi che sono qui per te!”. Può fare davvero una grande differenza».