Oltre 150mila esemplari di antilope saiga morti nel giro di due settimane
Gli scienziati non riescono a spiegare il motivo dei decessi, che rischiano di portare la specie all'estinzione
In Kazakistan vive circa il 90 per cento degli esemplari di antilope saiga, una specie in via di estinzione. Nel maggio 2015, nel giro di due settimane, più della metà degli esemplari è morta, in una serie di decessi che gli scienziati non sono in grado di spiegare.
Nonostante siano note per la loro capacità di sopravvivenza anche in condizioni ambientali estreme, le antilopi saiga sono una delle specie più a rischio del pianeta. Prima della recente moria, la popolazione stimata si aggirava tra i 250mila e 320mila esemplari, ma li ricercatori nel mese di maggio avrebbero rinvenuto e sepolto circa 150mila carcasse. Gli scienziati hanno precisato che la cifra reale dei decessi potrebbe essere significativamente più alta.
I ricercatori hanno ammesso di non sapere ancora quale sia la causa delle morti, ma stanno formulando alcune ipotesi. La prima pista a essere esclusa sarebbe quella di una malattia trasmissibile: i decessi sarebbero stati troppo veloci per essere il frutto di un contagio.
Le carcasse, inoltre, non presentano né ferite imputabili ad atti di bracconaggio, né segni di malnutrizione. Le analisi del suolo e delle acque non hanno rivelato alcuna presenza di tossine o avvelenamento da radiazioni, nonostante le dichiarazioni di alcuni attivisti Kazaki, che incolpano il governo russo di aver inquinato l’ambiente attraverso il carburante dai loro razzi.
Alcuni scienziati sostengono che il responsabile della strage potrebbe essere un batterio chiamato Pasteurella, normalmente presente nella gola degli animali.
Il professore di veterinaria presso il Royal Veterinary College dell’Università di Londra Richard Kock ha spiegato in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico The Guardian che il batterio, normalmente inattivo all’interno dell’organismo, potrebbe essere diventato improvvisamente aggressivo producendo tossine che starebbero attaccando gli organi vitali degli animali, uccidendoli in poche ore.
Kock ha comunque precisato che qualcosa come un fattore ambientale deve aver innescato questo cambiamento. Secondo le indagini scientifiche effettuate, qualche giorno prima della moria, le temperature sono crollate da 30° C a -5 ° C in 24 ore. Lo sbalzo potrebbe aver attivato il batterio, anche se le antilopi di questa zona sono abituate a cambiamenti repentii di temperatura.
Gli scienziati stanno anche vagliando la possibilità che sia stato un virus a uccidere gli animali, ma nessun risultato è ancora emerso.
L’estinzione della specie potrebbe ora essere inevitabile, ha avvertito Kock: “Si tratta di una questione di fortuna, in questa fase. Si rischia di perdere il 100 per cento della specie perché rimangono pochi esemplari e sono tutti ammalati. Inoltre, se davvero è coinvolto il cambiamento climatico, la frequenza delle morti non potrà che aumentare e allora l’estinzione potrebbe essere inevitabile”.
Scienziati, specialisti della fauna selvatica, polizia e attivisti con il sostegno delle Nazioni Unite sono ora impegnati in una corsa contro il tempo per salvare la specie e accrescere il numero degli esemplari.