L’ansia demografica della Cina e la politica dei tre figli
L’ansia demografica della Cina e la politica dei tre figli
In una decisione considerata senza precedenti, questa settimana il politburo del Partito comunista cinese ha dichiarato che consentirà alle coppie sposate del paese di avere fino a tre figli, a più di quarant’anni dall’introduzione della politica del figlio unico in Cina.
L’annuncio della nuova politica, che segue l’allargamento a due figli per coppia sposata dal 2016, era atteso da alcuni analisti a fine anno in occasione della sesta sessione plenaria del 19esimo comitato centrale del Partito comunista cinese, a cui parteciperanno oltre 200 dirigenti del partito che governa la Cina. È invece arrivato lunedì 31 maggio dopo la seduta dell’ufficio politico del comitato centrale del Partito, presieduto da Xi Jinping.
Secondo alcuni esperti, la scelta di adottare una decisione simile in una riunione più ristretta dimostrerebbe l’importanza che le più alte cariche del partito hanno voluto dare alla riforma, annunciata poche settimane dopo la pubblicazione dei dati preoccupanti dell’ultimo censimento. L’indagine, condotta una volta ogni dieci anni, ha mostrato che nel primo anno della pandemia in Cina sono nati 12 milioni di bambini, un calo del 18 percento rispetto al 2019 che ha portato il dato ai minimi dal 1961. I dati preliminari per il 2021, pubblicati negli scorsi mesi, avevano indicato un ulteriore calo su base annua del 15 percento.
L’andamento registrato nei mesi della pandemia ha peggiorato un quadro demografico già preoccupante, che nei prossimi decenni rischia di lasciare alla prima potenza manifatturiera al mondo una forza lavoro fortemente ridimensionata. Per far fronte alla riduzione della popolazione in età lavorativa, in calo costante dal 2012, la Cina si sta anche preparando ad aumentare l’età della pensione dopo avere negli scorsi anni progressivamente allentato la politica del figlio unico imposta nel 1980, quando la popolazione si stava avvicinando alla soglia del miliardo e il paese era da poco entrato nella fase di “riforma e apertura” lanciata da Deng Xiaoping.
Secondo quanto dichiarato dal politburo lunedì, la nuova politica dei tre figli mira ad “affrontare attivamente l’invecchiamento della popolazione e mantenere il vantaggio naturale della Cina nelle risorse umane”. Un “vantaggio”, quello garantito dalle dimensioni della propria forza lavoro, che ha contribuito ad alimentare la crescita degli ultimi quarant’anni ma potrebbe durare solo un altro decennio, secondo uno studio pubblicato negli scorsi mesi dalla Banca centrale cinese.
Già nel 2015 le autorità cinesi hanno tentato di contrastare l’invecchiamento rivedendo ufficialmente la politica del figlio unico, con l’approvazione di una nuova legge da parte del Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo che ha aumentato a due i figli che le coppie sposate possono avere senza incorrere in sanzioni.
Nonostante campagne mediatiche e slogan che invitavano le donne ad avere un secondo figlio per “contribuire al paese”, l’allentamento non ha impedito al tasso di natalità di diminuire nei quattro anni fino al 2020, raggiungendo uno dei livelli più bassi al mondo con 1,3 nati per donna (superiore tuttavia a quello dell’Italia a 1,24).
A influire sulla scelta di (non) fare figli, secondo molti cinesi, non sarebbero tanto i limiti imposti dalle autorità quanto piuttosto il costo della natalità. “Se non compro tre Rolls-Royce non è perché ci sono restrizioni, ma perché sono costose”, riporta un eloquente post condiviso sui social media cinesi in risposta all’annuncio. Oltre alle discriminazioni dai datori di lavoro nei confronti delle donne che scelgono di avere figli e alla difficoltà di ricevere assistenza all’infanzia, molti puntano il dito contro il costo degli immobili, dopo il boom visto in diverse città negli ultimi anni. “Anche se cambi la politica a cinque o otto bambini, i prezzi delle case sono ancora lo strumento di sterilizzazione migliore”, riporta un altro dei molti post critici del governo circolati nelle scorse ore.
Il politburo ha promesso che aiuterà gli aspiranti genitori, annunciando una serie di misure per rimuovere alcuni degli ostacoli alla natalità, senza tuttavia entrare nei dettagli dei provvedimenti. Il partito ha promesso di ridurre il costo dell’istruzione e fornire sostegni alle famiglie per la casa e di migliorare l’assistenza e le polizze assicurative per la maternità, affermando che proteggerà gli interessi legittimi e i diritti delle donne lavoratrici.
Non è chiaro tuttavia se questa volta le misure annunciate saranno sufficienti a convincere i cinesi e riportare alla crescita il tasso di natalità, sceso sotto il livello di sostituzione di 2 figli per donna nei primi anni ’90. Secondo i dati dell’ultimo censimento, pubblicati martedì 11 maggio, la crescita della popolazione nell’ultimo decennio è scesa in media allo 0,53 percento all’anno, il tasso più basso finora registrato nei dieci anni tra i due censimenti.
Quasi un quinto della popolazione è vicino all’età pensionabile, spesso con un solo figlio per coppia. Secondo le stime delle Nazioni Unite, nei prossimi 20 anni il tasso di dipendenza degli anziani raddoppierà al 40 percento, accentuando ulteriormente i problemi della struttura familiare spesso chiamata “4-2-1”, dove un lavoratore deve sostenere due genitori e quattro nonni con un solo reddito. Un andamento che preoccupa le autorità cinesi, allarmate per la tenuta del sistema pensionistico e le più ampie conseguenze economiche dell’invecchiamento della popolazione sulla traiettoria futura del paese.
Oltre a stimolare le nascite, una delle soluzione trovate dalla Cina prevede l’aumento dell’età pensionabile, attualmente una delle più basse al mondo e pari a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. Un impegno previsto per il nuovo piano quinquennale dal 2021 al 2025 e ribadito anche lunedì, quando il politburo ha promesso che aumenterà l’età della pensione in maniera graduale, anche se il sistema pensionistico cinese rimane ancora sottodimensionato rispetto a quelli dei principali paesi industrializzati. Secondo le stime fatte nel 2019 dall’Accademia cinese delle scienze, le attuali riserve per le pensioni potrebbero esaurirsi entro il 2035, portando il deficit del sistema pensionistico a 11.000 miliardi yuan (più di 1.400 miliardi di euro), a fronte di riserve che l’anno scorso erano circa 6.000 miliardi di yuan (oltre 750 miliardi di euro) e dovranno essere rimpinguate anche tramite l’emissione di titoli di debito e il trasferimento di capitali dalle imprese statali.
L’aumento dell’età della pensione rischia però di avere ricadute sulla stessa natalità, privando gli aspiranti genitori dell’aiuto dei nonni per accudire i figli. “Molti di noi erano figli unici. Allora [il governo] ci multava”, riporta uno dei post critici dell’annuncio delle autorità circolati sui social media cinesi in questi giorni. “Ora vogliono che ci prendiamo cura di quattro genitori anziani più tre figli . . . solo nei vostri sogni”.