Ricordando Anna Frank
Nel 1944 Anna Frank fu arrestata dalla Gestapo e deportata nei lager nazisti dove morì un anno dopo. Oggi è ancora un simbolo della Shoah
Anna Frank storia – Annelies Marie Anne Frank è stata una scrittrice ebrea nata a Francoforte sul Meno, in Germania, il 12 giugno del 1929.
La sua storia divenne particolarmente celebre per via del diario che scrisse, giorno dopo giorno, tra il 15 giugno del 1942 e il primo agosto del 1944, nel periodo in cui era nascosta insieme alla sua famiglia in un alloggio segreto ad Amsterdam, nei Paesi Bassi.
Anne e la sua famiglia si nascondevano dai nazisti che volevano arrestarli e poi deportarli nei campi di concentramento perché ebrei.
Anne iniziò a scrivere all’età di 13 anni. Nel diario sono raccolte le angosce, le illusioni, i sogni e le speranze più intime indirizzate all’amica immaginaria Kitty.
Pochi giorni prima del suo arresto, avvenuto il 4 agosto del 1944, Anne smise di scrivere. Fu deportata e morì nel febbraio del 1945 nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, nel nord della Germania.
“Non ho affatto intenzione di far leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone”, scrisse Anne all’inizio del suo diario. In realtà i suoi scritti, tradotti pressoché in tutte le lingue del mondo, costituiscono ancora oggi uno dei simboli più importanti della Shoah.
Il diario di Anne ha destato interesse e commozione in chiunque si sia avvicinato ai suoi racconti.
Anna Frank storia – Qui di seguito c’è una pagina del suo diario, datata 4 agosto 1943.
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Giovedì 4 agosto 1943
“Cara Kitty, siamo ospiti dell’alloggio segreto da oltre un anno, e certamente tu sai qualcosa della nostra vita, ma non ti ho potuto informare di tutto. Ci sono tante piccole cose da dire, più che in tempi normali e fra gente normale. D’ora in poi, per darti un’idea un po’ più precisa della nostra vita, ti descriverò ogni tanto una parte di una delle nostre solite giornate.
Oggi comincio colla sera e la notte: Verso le nove di sera comincia il tramestio dell’andare a letto ed è davvero sempre un gran tramestio. Si spostano sedie, si rovesciano letti, si ripiegano coperte; niente resta dove deve essere di giorno. Io dormo sul piccolo divano, che non è lungo nemmeno un metro e mezzo. Quindi bisogna allungarlo con sedie. Un piumino, lenzuoli, cuscini, coperte, tutto è preso dal letto di Dussel, dove è sistemato durante il giorno.
Nella stanza accanto si sente un tremendo fracasso: è la branda di Margot che si apre. Anche qui si ricorre alle coperte e ai cuscini del divano, per rendere un po’ più confortevoli le assicelle di legno. Sopra sembra che tempesti: ma è soltanto il letto della signora, che viene spinto presso la finestra per far entrare un po’ d’aria frizzante nel nasino di Sua Altezza dal pigiama rosa.
“Ore nove”: Dopo Peter entro io nel gabinetto di toeletta e mi lavo abbondantemente. Capita anche, ma solo nella stagione calda, di trovare una piccola pulce che naviga nel lavandino. Poi mi lavo i denti, mi pettino, mi curo le unghie, mi tocco il labbro con un batuffolo imbibito di acqua ossigenata per sbianchire la peluria, e tutto questo in una mezz’oretta.
“Ore nove e mezzo”: Mi infilo svelta la vestaglia e col sapone in una mano, le forcine, le mutande, il pettine e l’ovatta nell’altra scappo dalla camera da bagno, spesso richiamata a causa dei capelli che ornano colle loro eleganti curve il lavandino, ma non sono molto graditi a chi si lava dopo di me.
“Ore dieci”: Spengo il lume e buona notte. Per un quarto d’ora si sente ancora nella casa il fracasso dei letti e il sospiro delle molle sconquassate, poi tutto è quieto, almeno se i coinquilini del piano superiore non litigano stando a letto.
“Ore undici e mezzo”: La porta della camera da bagno cigola. Un sottile fascio di luce penetra nella stanza. Scricchiolio di scarpe, un grande vestito, più grande dell’uomo che ci sta dentro… Dussel torna dall’ufficio di Kraler, dove di notte lavora. Per dieci minuti calpestio di piedi, fruscio di carta (sono le cibarie da nascondere) e il letto è fatto. Poi la figura scompare di nuovo e si ode di tanto in tanto un rumore sospetto che viene dal gabinetto.
“Ore tre”: Devo alzarmi per una piccola commissione nella latta che c’è sotto il mio letto, posta per prudenza sopra un tappetino di gomma per gli eventuali stravasi. Durante questa funzione tengo sempre il fiato, perché sembra che nella latta scrosci un torrentello di montagna. Poi il recipiente torna al suo posto e una figura in camicia da notte bianca, che ogni sera strappa a Margot l’esclamazione: “Oh, che camicia da notte indecente!” rientra nel letto. Poi, per un quarto d’ora, una certa persona sta sveglia ad ascoltare i rumori notturni. Anzitutto per essere ben sicura che sotto non ci sia un ladro, poi per capire se i coabitanti che occupano i vari letti, sopra e nella stanza accanto, dormono o passano la notte quasi svegli.
Quest’ultima evenienza non è certo piacevole, soprattutto se concerne un membro della famiglia di nome Dussel. Prima sento un rumorino, ripetuto una diecina di volte, come di un pesce che boccheggi in cerca d’aria; seguono faticosi movimenti per umettare le labbra, alternati con rumori di schiocco della lingua, e infine un lungo rigirarsi nel letto con spostamento di cuscini.
Cinque minuti di calma completa e poi questa successione di avvenimenti si ripete almeno tre volte, dopo di che il dottore riprende sonno per un poco. Può anche capitare che di notte, fra le una e le quattro, si spari. Di ciò non ho mai piena coscienza prima di trovarmi in piedi presso il letto. Talvolta sto sognando così intensamente che penso ai verbi irregolari francesi o a una lite di quelli di sopra.
Quando tutto è passato, e soltanto allora, mi accorgo che hanno sparato e che io sono rimasta tranquillamente in camera. Ma di solito succede quello che ho già raccontato: svelta mi prendo in mano un cuscino e un fazzoletto, mi infilo la vestaglia e le pantofole e in un balzo sono da papà, proprio come ha detto Margot in una poesia per il mio compleanno: “Di notte quando la battaglia impazza Senti una porta cigolare e vedi Un fazzoletto, un cuscino e una ragazza.” Una volta che sono arrivata nel letto grande il più della paura è passato, a meno che gli spari siano particolarmente violenti.
“Ore sei e tre quarti”: Trrrrr… lo svegliarino che può far sentire la sua vocina a qualunque ora del giorno (se si vuole, e talvolta anche se non si vuole). Knak… pang… La signora Van Daan l’ha chiuso. Crac… Il signor Van Daan si è alzato. Mette su l’acqua e poi via in camera da bagno.
“Ore sette e un quarto”: La porta cigola di nuovo. Dussel può andare in camera da bagno. Appena sola, tolgo l’oscuramento e la nuova giornata nell’alloggio segreto è cominciata.
La tua Anna.”
Da Il Diario di Anna Frank. Traduzione di Arrigo Vita. Edizione Arnoldo Mondadori, Milano, 1959.