Angola, espulsi 180mila migranti originari del Congo. I testimoni: “Decine di morti”
Dal 1 ottobre sono stati costretti a lasciare il paese dall'esercito angolano e ora si sono rifugiati nelle città e nei villaggi di confine
Dal 1 ottobre 2018 il governo dell’Angola ha espulso circa 180 mila cittadini congolesi che si erano trasferiti nel vicino stato africano. Lo ha riferito l’Alto commissariato per i rifugiati (Acnur), spiegando che decine di migliaia di persone sono state allontanate dalle autorità angolane perché considerate non in regola con i documenti.
I cittadini della Repubblica democratica del Congo sono scappati dal nord-est dell’Angola per tornare nel loro paese d’origine, sotto le minacce del governo angolano che ha fatto intervenire l’esercito e le forze di sicurezza.
Per la maggior parte si tratta di piccoli cercatori di diamanti, schiacciati dalle riforme del governo di Luanda per aumentare le entrate dello Stato e ridurre l’attività mineraria illegale. Tra loro molti giovani, ma anche donne con bambini.
Migliaia di persone in fuga si sono viste confiscare le proprietà e hanno dovuto lasciare tutto ciò che avevano.
Secondo la Reuters, che ha raccolto alcune testimonianze sul posto, nella città di Lucapa le truppe angolane avrebbero ucciso decine di persone e bruciato le case.
Centottantamila persone hanno quindi riattraversato il confine, fermandosi nelle città e nei piccoli villaggi di frontiera, come Kamako.
Secondo le Ong locali c’è un rischio elevato di epidemie per l’inadeguatezza dei servizi igienici e l’assenza delle strutture necessarie.
Le autorità angolane hanno negato l’uso della forza, affermando di aver preso dei provvedimenti per l’espulsione dal paese degli stranieri che sono in condizioni di irregolarità.