Andare a letto con il proprio molestatore annulla le molestie subite in precedenza?
La domanda di una lettrice del Guardian ha innescato un dibattito dopo lo scandalo sulle molestie sessuali nel parlamento britannico e l'esplosione del caso Weinstein
Lo scandalo sulle molestie sessuali iniziato con il caso Weinstein si è allargato da Hollywood a macchia d’olio, arrivando a coinvolgere i palazzi del potere a Londra e Bruxelles. Nel Regno Unito, in particolare, si sono avute le conseguenze più pesanti, con le dimissioni del ministro della Difesa Michael Fallon e il suicidio di Carl Sargeant, ex ministro del Galles.
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La stampa britannica sta dedicando ampio spazio allo scandalo, che monitora sotto diversi aspetti. Uno di quelli emersi più di recente, riguarda l’opportunità o meno di denunciare una molestia subita prima che la vittima avesse volontariamente un rapporto sessuale con il suo molestatore.
La questione è stata posta da una donna che si è rivolta a Mariella Frostrup, giornalista che cura sul Guardian la rubrica Dear Mariella, sul tema delle relazioni sentimentali. La donna, il cui nome non è stato pubblicato, ha scritto questo messaggio:
Dovrei denunciare una molestia sessuale che ho ricevuto anche se dopo ho avuto una relazione di tipo sessuale con il molestatore? Anni fa, ho lavorato come volontaria per un partito politico, e mentre mi mostrava del lavoro al computer, un membro senior dello staff mi ha ripetutamente toccato il ginocchio. Si è scusato, e poi lo ha fatto di nuovo, circa sette volte. Poi ha smesso dicendo: “Ora dovrò auto-denunciarmi per molestie sessuali”.
In quel momento ho riso perché non ero molto sicura di cosa altro avrei potuto rispondere. Mesi dopo essermi separata da mio marito, il molestatore iniziò a venirmi dietro, prestandomi le attenzioni di cui ero priva. Ero vulnerabile, emotiva e avevo bevuto troppo quando ho iniziato una relazione con lui. L’ho anche usato per una referenza di lavoro, e ho le sue lodi entusiaste sul mio profilo LinkedIn.
Ero un’adulta che ha preso brutte decisioni, ma con le storie che provengono dalla stampa mi chiedo se dovrei denunciare il suo comportamento. O forse ho annullato la molestia, e deluso le donne, andando a letto con il mio molestatore e usandolo per una referenza di lavoro? So che sarò insultata per questo.
Il racconto di questa esperienza ha accesso la discussione tra i lettori del quotidiano britannico. Vale forse la pena ricordare che, in Italia, era bastato ancora meno a far accendere la polemica contro Asia Argento, accusata per aver denunciato dopo anni le violenze subite da Harvey Weinstein quando era una ragazzina.
Il rischio, infatti, è che queste storie accendano i riflettori sulla vittima, colpevolizzata per alcuni suoi determinati comportamenti che in realtà prescindono da quello sessuale inappropriato mantenuto dal molestatore.
In che modo una successiva relazione può cancellare una molestia?
Questa rimane come un fatto, a prescindere da quello che può essere accaduto nel periodo successivo, relativamente al quale – come ammette la stessa autrice del messaggio – la responsabilità è tutta delle sue scelte da adulta, giuste o sbagliate che siano.
Nel momento in cui è avvenuta la molestia, infatti, la donna non ha accettato le “avanches” che anzi ha percepito come inopportune perché indesiderate.
Quindi la relazione successiva non cambia il fatto che le molestie siano avvenute. Piuttosto, le vicende successive aumentano le possibilità che qualsiasi denuncia formale abbia come esito conseguenze negative più per la vittima che per il molestatore.
“Nel tuo caso, se in seguito hai avuto una relazione con quest’uomo, o hai usato le sue referenze, questo non condona la sua trasgressione iniziale”, ha risposto alla donna Mariella Frostrup, “ma suggerisce abbastanza ambiguità, per cui vale la pena esaminare le tue motivazioni in futuro”.
“Verità e menzogne, accuse e smentite, notizie false e storie vere si stanno diffondendo rapidamente. In un clima così frenetico è ancora più importante respirare profondamente, agire razionalmente e determinare il motivo per cui ci sentiamo spinti verso una particolare linea d’azione”, conclude la giornalista.