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Home » Esteri

Ecco come centinaia di oppositori politici vengono torturati ogni anno in Egitto

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Secondo l'ultimo rapporto di Amnesty sulla detenzione illegale, il caso Regeni è solo la punta di un iceberg: nel paese spariscono ogni giorno quattro persone

Centinaia di persone in Egitto sono state fatte sparire e torturate in una “sinistra” campagna per reprimere il dissenso pacifico nella più popolosa nazione del mondo arabo in nome della lotta al terrorismo. Le accuse, pesantissime, sono contenute in un rapporto di Amnesty International.

Studenti, attivisti politici, manifestanti e persino bambini di età inferiore ai 14 anni dal 2015 a oggi sono scomparsi con un ritmo di quattro persone al giorno senza lasciare traccia dopo che le forze di sicurezza avevano fatto irruzione e perquisito le loro abitazioni.

Molti di loro sono stati imprigionati per mesi, ammanettati e con gli occhi bendati. Attualmente, almeno 34mila persone, secondo i numeri forniti dal governo egiziano, sono dietro le sbarre per reati politici.

Numerosi degli ‘scomparsi’ sono sostenitori di Mohamed Morsi, il presidente dei Fratelli Musulmani democraticamente eletto nel 2013 e deposto con un colpo di stato dei militari e sostituito dal generale Abdel-Fatah al Sisi.

Nel rapporto si fa riferimento anche alla morte del ricercatore italiano Giulio Regeni, scomparso al Cairo e trovato morto con segni di tortura sul corpo nel febbraio del 2016.

“Le terribili ferite individuate sul cadavere di Regeni sono simili a quelle sofferte da numerose persone interrogate dalle forze di sicurezza egiziane e il suo caso appare come la punta di un iceberg”, spiega Felix Jakens di Amnesty International.

“Sospettiamo che Regeni sia stato rapito dagli agenti dei servizi segreti e torturato fino a provocarne il decesso e finché non avremo i risultati di indagini indipendenti, i timori sulla sua morte crescono giorno dopo giorno”.

L’aumento sensibile di queste sparizioni, per Amnesty è da ricollegarsi alla nomina di Magdy Abdel el-Ghaffar come ministro dell’Interno nel 2015. In precedenza, el-Ghaffar era stato reclutato nei servizi segreti egiziani noti per i loro metodi repressivi e brutali. 

“Le sparizioni forzate sono diventate uno dei principali strumenti dello stato di polizia in Egitto. Chiunque osi prendere la parola è a rischio. Il contrasto al terrorismo è usato come giustificazione per rapire, interrogare e torturare coloro che intendono sfidare le autorità”, ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.

“Questo rapporto rivela le scioccanti e spietate tattiche cui le autorità egiziane ricorrono nel tentativo di terrorizzare e ridurre al silenzio manifestanti e dissidenti, ma anche la collusione tra i servizi di sicurezza e il potere giudiziario, che hanno coperto gli autori delle violazioni dei diritti umani o si sono rifiutati di investigare, diventando così complici dei soprusi”.

Nel rapporto di Amnesty sono descritti nel dettaglio i casi di 17 persone tenute in isolamento per periodi che oscillano da alcuni giorni a sette mesi, senza consentire loro di contattare avvocati difensori o familiari.

Le vittime e i testimoni hanno raccontato che di solito, uomini delle forze di sicurezza pesantemente armati hanno fatto irruzione nella notte o all’alba nelle abitazioni private e hanno portato via i sospetti con i fucili puntati. Una volta condotti negli uffici per essere sottoposti a interrogatorio, i sospettati sono stati trattenuti anche per mesi, spesso ammanettati e bendati per l’intero periodo. 

Il ministero degli Esteri egiziano, da parte sua, ha diffuso una nota in cui afferma che “non commenterà” il rapporto di “un’organizzazione nota per avere pregiudizi politici e per difendere interessi privati”, diffuso da “persone che esprimono opinioni unilaterali ostili allo Stato egiziano”. 

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