Amazzonia contesa: l’ultima battaglia degli indigeni per proteggere le loro terre
La Corte Suprema brasiliana ha riconosciuto il diritto alla terra dei popoli nativi, bocciando la tesi del cosiddetto "marco temporal". Ma il Senato ha ignorato la sentenza e ha approvato una legge che va in direzione contraria. Spianando la strada a miniere, pozzi petroliferi e altri progetti nella foresta
È stato definito il “processo del secolo” il caso che ha portato la Corte Suprema brasiliana a riconoscere i diritti della popolazione indigena Xokleng-Laklãnõ dopo – per l’appunto – oltre 100 anni di conflitti, espropri e battaglie legali contro i coloni nella regione meridionale di Santa Catarina, una delle più segnate dalle violenze per le dispute territoriali in Brasile. La decisione, raggiunta il 21 settembre scorso con il sesto e decisivo voto contro l’applicazione del cosiddetto “marco temporal”, o limite temporale, una proposta di legge concepita per sottrarre terreni alle comunità indigene, è stata accolta con danze e lacrime di gioia da folle colorate davanti alla sede della Corte Suprema a Brasilia e in diverse parti dell’Amazzonia, dove abitano 1,7 milioni di cittadini indigeni.
La decisione storica della Corte, raggiunta con una maggioranza asimmetrica da nove degli undici giudici del Supremo Tribunal Federal, ribalta l’approccio dello Stato brasiliano verso le dispute territoriali bocciando la tesi del “marco temporal”, il trucco legale promosso dalle lobby dell’agribusiness brasiliano per il quale affinché un’area possa essere considerata “terra indígena tradicionalmente ocupada”, le comunità rurali devono dimostrare di averci abitato stabilmente e di averla utilizzata per attività produttive sin dal 5 ottobre 1988, data di promulgazione dell’attuale Costituzione federale brasiliana. Ponendo questo limite temporale, la proposta di legge (poi approvata la scorsa settimana dal Senato federale) consentirebbe lo sviluppo di attività nelle riserve senza che le comunità siano consultate.
Un lungo cammino
Con il verdetto Ibirama-Laklänö, la Corte ha giudicato incostituzionale la proposta di legge sulla delimitazione dei territori rurali, affermando che l’elemento essenziale deve essere il modo in cui i popoli indigeni occupano e traggono il loro sostentamento dalla terra e che il nomadismo è una caratteristica fondamentale di queste comunità, peraltro spesso espropriate con la forza dai minatori, dalle società di legname e dagli agricoltori con i quali le dispute si risolvono spesso a favore dei proprietari terrieri. La decisione della Corte Suprema avrà oltretutto «ripercussione generale», cioè sarà risolutiva per la tesi del “marco temporal” in tutto il paese, con effetti immediati in oltre 200 processi di demarcazione dei territori nativi – sospesi proprio in attesa del pronunciamento della Corte.
L’argomento legale del “marco temporal” è stato utilizzato per la prima volta nel 2009 in un caso relativo alla riserva di Raposa Serra do Sol in Amazzonia, come tentativo da parte dei lobbisti dell’agribusiness di delimitare il confine delle terre indigene, nonostante l’opposizione degli ambientalisti. Nello stesso anno, il governo dello stato di Santa Catarina, attraverso il suo Istituto Ambientale, ha espropriato il popolo Xokleng delle loro terre, sostenendo che stavano occupando illegalmente due aree di conservazione, la Serra da Abelha e la riserva biologica di Sassafrás. Gli Xokleng hanno fatto appello contro la decisione, ed è stato allora che si sono scontrati con l’argomento del limite di tempo, utilizzato dallo stato di Santa Catarina per giustificare l’esproprio.
Il caso alla fine ha raggiunto la Corte suprema, il cui recente verdetto ha respinto la tesi del limite di tempo, ponendo fine ad anni di dispute legali e dando agli Xokleng una vittoria fondamentale contro il governo statale locale. Il caso è importante perché nel 2019, la corte suprema aveva stabilito che la sua decisione avrebbe creato un precedente, quindi il verdetto Ibirama-Laklänö avrà implicazioni diffuse per tutte le controversie sui confini delle terre in Brasile; per questo le comunità indigene di tutto il Paese stanno celebrando la sentenza.
Eppure questa decisione difficilmente eliminerà le tensioni che circondano i conflitti territoriali del Brasile, che continueranno a persistere nonostante le sentenze provenienti della capitale Brasilia. Anche se hanno prevalso alla Corte suprema, i leader di Xokleng sono ancora preoccupati per gli attacchi degli inquilini non indigeni e gli agricoltori temono nuovi potenziali conflitti.
Ma non è finita
Le lotte sulle terre Xokleng durano da più di un secolo, e gli attriti emergono quando allevatori di bestiame e agricoltori indigeni vivono nella stessa regione. La terra Ibirama-Laklänö comprende la regione di Alto Vale do Itajai, compresi i comuni di Doutor Pedrinho, Itaiópolis, José Boiteux e Vitor Meireles, dove vivono circa duemila indigeni, principalmente Xokleng ma anche Guarani e Kaingang. I 37mila ettari contestati sono stati istituiti per la prima volta nel 1914 dall’allora Indian Protection Service (SPI, che in seguito divenne Funai, la National Indigenous People Foundation).
Tuttavia, dopo che le autorità di Santa Catarina non hanno rispettato l’accordo e una parte sostanziale della terra è stata presa senza il consenso indigeno, gli Xokleng si sono ritirati su un’area di circa 14mila ettari. Ma uno studio di Funai, che include elementi storici, antropologici, cartografici e ambientali, ha concluso che l’area oggetto delle attività di sfruttamento tradizionale del suolo è quasi tre volte superiore all’attuale superficie occupata, più simile ai 37mila ettari originali, e ha usato tale ricerca per sostenere gli Xokleng nel loro ricorso legale.
La fondazione non ha ancora valutato le potenziali conseguenze del giudizio sul “marco temporal”, ma afferma che sono circa 490 le rivendicazioni territoriali indigene in Brasile. Presenziando come parte civile nel caso istruito di fronte alla Corte suprema, prima del verdetto, la Funai ha emesso un comunicato, in cui si legge: «L’argomento del “marco temporal” ignora la lunga storia di espropriazione e violenza contro i popoli indigeni, portando alla loro espulsione dalle loro terre ancestrali. Ciò contraddice i diritti indigeni sanciti dalla Costituzione federale brasiliana e dai trattati internazionali ratificati dallo Stato brasiliano».
In una battuta d’arresto per gli ambientalisti e i difensori dei diritti umani, dopo le intense pressioni della lobby agricola questa settimana il Senato federale ha approvato in prima commissione e poi in plenaria la proposta sul “marco temporal”, che include ulteriori ostacoli ai processi di demarcazione. Il leader del governo al Congresso, Randolfe Rodrigues, ha ribadito l’incostituzionalità della proposta sostenendo che «il testo dovrebbe essere oggetto del veto del presidente Lula. Anche se il Congresso Nacional dovesse revocare il veto presidenziale, verrà nuovamente convocato il Supremo Tribunal Federal (STF). Per questo esiste la Corte Suprema, da interpellare quando non si rispetta la Costituzione».
Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha espresso la sua preoccupazione sostenendo che «sebbene la demarcazione delle terre ancestrali sia essenziale, non è di per sé sufficiente per proteggere in modo completo i diritti dei popoli indigeni. Occorre, in particolare, una politica attiva e sistemica per proteggere i popoli indigeni dalla violenza, a partire da quella usata da chi invade le loro terre». Intanto le organizzazioni indigene hanno risposto organizzando in breve tempo il movimento #VetaLulaPL2903, chiedendo al Presidente della Repubblica di «porre il veto su questa idea genocida e di ignorare la vergogna avvenuta al Senato». A Lula l’ardua sentenza.