In Albania l’opposizione protesta bloccando le strade principali
Le manifestazioni sono guidate dall'opposizione di centrodestra che chiede le dimissioni del premier Rama e la formazione di un governo tecnico in vista delle elezioni
Prosegue, da oltre due mesi, la protesta dell’opposizione albanese contro il premier di centrosinistra Edi Rama, di cui vengono chieste le dimissioni per procedere alla formazione di un governo tecnico che traghetti il paese fino alle elezioni del prossimo 18 giugno e che “garantisca elezioni libere e democratiche”.
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Per un’ora, dalle 11 alle 12, cinque principali assi stradali nazionali, sono stati bloccati il 24 aprile. La manifestazione è stata guidata dall’opposizione di centrodestra di Lulzim Basha.
In una delle strade della capitale si è unito alle proteste anche lo stesso Basha, che si è seduto a terra insieme ai manifestanti.
Secondo la polizia albanese la manifestazione era illecita, ma ha comunque deciso di non intervenire, limitandosi a sorvegliare a distanza i sostenitori dell’opposizione. Non si sono registrati scontri o incidenti.
“Questa protesta è la testimonianza della determinazione del movimento popolare che non farà retromarcia”, ha dichiarato Basha. La protesta del 24 aprile precede la visita a Tirana di una delegazione del parlamento europeo che avrà il compito di provare a mediare nella crisi politica in corso nel paese.
La delegazione sarà guidata dal presidente della commissione Affari esteri David McAllister, vicepresidente del Partito popolare europeo. Il Ppe è il raggruppamento del centrodestra di cui fa parte anche il partito di Basha.
Ad accompagnarlo ci sarà il relatore per l’Albania al parlamento europeo Knut Fleckenstein.
L’opposizione ha boicottato l’assemblea nazionale, bloccando l’attuazione della riforma giudiziaria sostenuta e sponsorizzata dall’Ue e dagli Stati Uniti, considerata la condizione chiave perché il paese possa avviare i negoziati di adesione all’Unione europea.
L’opposizione non si è registrata per partecipare alle elezioni politiche, minacciando di non permettere lo svolgimento del voto senza che sia istituito un governo tecnico.
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