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Home » Esteri

Afghanistan, tre giornaliste uccise a sangue freddo in strada: la rivendicazione dell’Isis

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“Freddate per strada a poco più di 20 anni con un colpo alla testa, purtroppo nell’indifferenza di gran parte del mondo”. La notizia è passata in sordina, ma quanto accaduto a Jalalabad, in Afghanistan, resta un atto gravissimo. Commentata così anche dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli.

Tre ragazze afghane sono state uccise perché lavoravano per una emittente televisiva “fedele al governo apostata afghano”. Così, su Telegram, la rivendicazione dell’Is per l’omicidio di tre doppiatrici del canale Enikass RTV, vittime di un duplice attentato a Jalalabad, nell’est dell’Afghanistan. Le tre donne sono state colpite mentre rientravano a casa. Altre due donne sono rimaste ferite. La rivendicazione è stata fatta sui canali di propaganda del gruppo jihadista, dopo che alcune ricostruzioni paventavano il coinvolgimento dei talebani che, a loro volta, avevano escluso ogni responsabilità in merito all’accaduto.

Gli agguati sono avvenuti intorno alle 4 di pomeriggio di martedì 2 marzo, e avevano come obiettivo le tre giovani croniste, oltre a una quarta, unica sopravvissuta e ora ricoverata in fin di vita in ospedale. La prima vittima è stata Mursal Habibi uccisa mentre passeggiava tra le strade della città da un colpo di pistola esploso da un uomo che l’ha raggiunta alla testa. Tra la folla invece stavano camminando Shahnaz e Saadia che sono state freddate sempre con un’arma: nell’agguato sono rimasti feriti anche due passanti. Secondo quanto riportato dai media locali, il direttore di Enikass, Zalmay Latifi, aveva denunciato qualche giorno fa che i dipendenti della tv Enikass erano stati presi di mira dai jihadisti pronti a una nuova guerra civile nel Paese.

“La violenza in Afghanistan deve finire e l’Unione europea si aspetta indagini trasparenti e approfondite su tutti gli attacchi e gli omicidi. E’ quanto ha dichiarato il Servizio europeo dell’azione esterna (Seae) ricordando l’uccisione di ieri di tre operatrici dei media, Mursal Wahedi, Shahnaz Raofi e Sadya Sadat a Jalalabad, “in atroci assassini pianificati” che “priva tre giovani individui del loro futuro e le loro famiglie, amici e colleghi di persone care”.

Il Seae ha ricordato che, dopo l’uccisione della giornalista Malalai Maiwand a dicembre, questi attacchi illustrano ulteriormente “la situazione vulnerabile e pericolosa che gli operatori dei media, in particolare le donne, devono affrontare”. Il Seae ha sottolineato che continua anche “una preoccupante tendenza di attacchi e uccisioni sistematici e mirati di giornalisti, difensori dei diritti umani, rappresentanti della società civile e funzionari pubblici, che sono costati la vita a 1.200 civili nel 2020, un aumento del 45 per cento rispetto al 2019”. I talebani “rimangono responsabili della maggior parte delle vittime civili e degli omicidi mirati, direttamente o opponendosi a un cessate il fuoco”.

Leggi anche: La guerra dimenticata in Afghanistan: un fallimento militare, politico ed economico (di Alessandro Di Battista) / 2. “La pace in Afghanistan? Oggi è peggio di prima e per le donne è ancora un inferno”: parla l’attivista Rahel Saya / 3. Afghanistan, si aprono gli storici accordi di pace tra governo afgano e talebani a Doha

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