Afghanistan, così i talebani giustiziano gli oppositori: le terribili immagini dell’omicidio del capo della polizia di Badghis
Haji Mullah Achakzai, capo della polizia della provincia di Badghis, in Afghanistan, è stato trucidato mercoledì 18 agosto 2021 da un gruppo di talebani, che hanno filmato l’azione. L’autenticità del video, diventato virale su Twitter, è stata confermata alla rivista statunitense Newsweek dal consigliere per la sicurezza afghano Nasser Waziri, che conosceva personalmente Achakzai, e da altri agenti di polizia e funzionari governativi locali.
Le truculente immagini sono state inizialmente condivise sui social da una rete collegata ai talebani. Bendato, legato per le mani, in ginocchio e circondato da vari uomini armati, Achakzai è stato ucciso con molteplici colpi di arma da fuoco. Al termine del filmato si vede poi un combattente avvicinarsi al corpo e continuare a sparare sul cadavere.
Il capo della polizia della provincia di Badghis, vicino a Herat, era ricercato dai talebani per aver combattuto a lungo a fianco delle forze fedeli al governo di Kabul sostenuto dall’Occidente. L’uomo è stato catturato nella prima metà di agosto quando la provincia era caduta in mano ai cosiddetti studenti coranici durante la loro travolgente avanzata in tutto il Paese seguita al collasso delle istituzioni locali dopo il ritiro delle truppe straniere.
“Era circondato dai talebani e non ha avuto altra scelta che arrendersi”, ha ricordato Waziri a Newsweek. “Hanno preso di mira Achakzai perché era un alto funzionario dell’intelligence”. La vittima è soltanto uno dei tanti dipendenti del governo afghano sulla lista nera degli eredi del mullah Omar, che ormai dal 15 agosto controllano anche la capitale Kabul.
Secondo il consigliere per la sicurezza afghano, quando i talebani sono entrati nel database dell’intelligence afghana hanno avuto accesso a informazioni, fotografie, dati biometrici e documenti di identità utili a rintracciare i funzionari governativi. Stando a Waziri, già da lunedì 16 agosto sono iniziate le “indagini porta a porta” dei ricercati sulla lista nera dei cosiddetti studenti coranici.
Il modus operandi, stando alla fonte citata da Newsweek, sarebbe lo stesso messo in atto contro altri oppositori ed ex collaboratori della Nato e delle truppe occidentali. I talebani infatti cominciano le proprie “indagini” minacciando le famiglie delle vittime per far loro rivelare dove si trovino i ricercati.
Il tutto può facilmente trasformarsi in tragedia, come accaduto a un parente di un giornalista di Deutsche Welle (DW) – che attualmente vive in Germania – a cui i talebani stavano dando la caccia, conclusasi con l’uccisione di una persona e il ferimento di un’altra.