L’Europa avrebbe lo strumento per accogliere i profughi afghani, ma i governi si girano dall’altra parte
Dopo che l’Afghanistan è tornato nelle mani dei talebani, l’Europa si è detta pronta a fronteggiare la crisi umanitaria in corso per non ripetere gli errori della crisi migratoria dopo in conflitto in Siria del 2015.
Cosa significa questo nella pratica? Le organizzazioni umanitarie, la Commissione europea e il presidente dell’Euro parlamento David Sassoli chiedono canali sicuri per aiutare i profughi e ripartirli tra i Paesi Ue, mentre i governi dei singoli Stati sembrano non essere d’accordo sull’accoglienza tout court nonostante la terribile situazione afgana. Da Macron a Orban, dal blocco del Visegrad ai mediterranei, nessuno ha mosso un dito.
Eppure, uno strumento ci sarebbe. Ed è anche molto potente. Si tratta della direttiva 55 del 2001 sulla protezione temporanea nel caso di arrivo massiccio nell’Unione europea di richiedenti asilo. La norma, si legge sul sito della Commissione europea, “è una misura eccezionale per fornire protezione immediata e temporanea agli sfollati da Paesi terzi, che prevede un meccanismo strutturato per garantire solidarietà ed equilibrio tra gli Stati dell’Unione nell’accoglienza degli sfollati, con trasferimenti” intra-europei, “sulla base di offerte volontarie”. La legge può entrare in vigore con una decisione a maggioranza qualificata, al Consiglio Ue.
Ad evocare, ripetutamente, questa norma è stato l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell: “Voglio ricordare che c’è una direttiva del 2001, che non è mai stata usata. Questa potrebbe essere l’occasione per affrontare la situazione, se ci dovesse essere pressione di una massa di richiedenti asilo su alcuni Stati membri. Non è questo il caso ora – ha spiegato – Per il momento si tratta di qualche migliaio di persone in aeroporto, ma nelle prossime settimane o mesi potrebbe essere una questione di molte persone in più e questa ondata ci potrebbe raggiungere”.
Sarebbe la prima volta in cui la direttiva viene usata, dopo essere stata paventata ma mai attivata per la crisi siriana del 2015. David Sassoli ha lanciato un appello affinché i Paesi membri redistribuiscano i profughi afgani “in modo uguale”. A fargli eco la commissaria Ue agli Affari Interni, la svedese Ylva Johansson, che ha proposto una simile soluzione, ricordando che l’80 per cento delle persone in fuga dall’Afghanistan è composto da donne e bambini.
Ma di quante persone si tratterebbe? L’Onu parla di 18 milioni di afghani che hanno bisogno di assistenza umanitaria, l’Unhcr calcola che solo in una settimana 20-30 mila profughi hanno varcato o stanno per varcare i confini.
Canada e Regno Unito hanno già annunciato piani per l’accoglienza di 20mila profughi afghani a testa, e mentre gli Usa, con l’aiuto di Paesi candidati all’ingresso Ue come Albania, Macedonia del Nord e Kosovo, hanno da settimane predisposto piani per la prima assistenza ai richiedenti asilo.
Dal canto loro, l’Italia e la Grecia temono di ritrovarsi come nel 2015 a fare i conti con una pressione migratoria ingestibile, con il meccanismo di redistribuzione automatica dei migranti che non è mai stato tradotto in atti legislativi.
Le risposte della Francia di Macron e della Germania di Angela Merkel sembrano essere influenzate invece dalle imminenti elezioni (rispettivamente l’anno prossimo e a settembre). Si sa, il tema immigrazione solletica molto la pancia dei votanti. I due Paesi si stanno preparando a trattare le persone in fuga dall’Afghanistan come dei migranti “irregolari” e cercare intese con i Paesi confinanti o di transito come Iran e Turchia per bloccare sul nascere le partenze verso il continente europeo.
Le big four, ovvero Francia, Germania, Spagna e Italia hanno anche combattuto in Afghanistan in questi 20 anni, ma il Paese è ripiombato ora nel terrore. Insomma, qualche responsabilità dell’Unione europea c’è nei confronti delle famiglie che ora chiedono rifugio per scappare dal regime talebano. La questione Afghanistan va affrontata e anche molto presto: Europa, dove sei?