Afghanistan, il leader della resistenza Massoud: “Pronto a governo inclusivo con i talebani, ma rinuncino all’estremismo”
Ahmad Massoud, figlio del leggendario Leone del Panjshir e finora punto di riferimento della resistenza ai talebani in Afghanistan nonché leader dell’unica provincia non ancora arresasi all’avanzata dei cosiddetti studenti coranici, si è detto pronto “a formare un governo inclusivo con i talebani”, purché rinuncino all’estremismo.
“Siamo pronti a formare un governo inclusivo con i talebani attraverso negoziati politici, ma ciò che non è accettabile è la formazione di un esecutivo caratterizzato dall’estremismo, che rappresenterebbe una seria minaccia, non solo per l’Afghanistan ma per la regione e il mondo in generale”, annuncia Massoud in un’intervista al quotidiano in lingua araba con sede a Londra Asharq al-Awsat. “Siamo pronti a dialogare con i talebani: abbiamo già contatti con il movimento, i nostri rappresentanti congiunti si sono incontrati più volte”, rivela il figlio dell’eroe della resistenza ai sovietici, Ahmad Shah Massoud.
E proprio alla memoria del padre vuole rifarsi il leader del Panjshir, alleato dell’ex vicepresidente Amrullah Saleh, proclamatosi capo di Stato ad interim dell’Afghanistan anti-talebano. “Anche mio padre ha dialogato con i talebani”, ricorda Massoud. “Nel 1996 andò disarmato e solo a trattare con la leadership del movimento fuori Kabul e chiese loro: ‘Cosa volete? Applicare la religione islamica?’. ‘Anche noi siamo musulmani’, disse mio padre. ‘Anche noi vogliamo la pace, quindi lavoriamo insieme’. Ma i talebani vogliono imporre con le armi cose che noi non possiamo accettare. Se vogliono la pace e ci parlano e lavorano con noi: siamo tutti afghani e ci sarà la pace”.
Questa apertura, secondo il leader afghano, non è in contrasto con la resistenza, i cui unici obiettivi restano “pace, sicurezza e stabilità”, anche a costo di perdonare torti indicibili. “Il Panjshir è l’unica provincia che ancora resiste, l’intero Paese è caduto ma noi teniamo duro, così come abbiamo sconfitto i sovietici negli anni Ottanta e come abbiamo battuto i talebani negli anni Novanta”, sottolinea Massoud. “All’epoca di mio padre, i talebani non riuscirono a conquistare il Nord ma poi al-Qaeda lo uccise e il resto è storia: voglio e sono disponibile a perdonare il sangue di mio padre pur di portare pace, sicurezza e stabilità nel mio Paese”.
La linea rossa resta però la lotta al terrorismo, a cui – dice – gli afgani non si piegheranno mai. “Noi resistiamo non solo alle imposizioni dei talebani, ma anche al terrorismo internazionale in generale”, rimarca il leader afghano. “Non vogliamo alcun foreign fighter nel nostro Paese, perché molti potrebbe arrivare dalla Siria o dalla Libia o anche dall’Asia centrale, ma il Panjshir rimarrà in prima linea contro qualsiasi genere di estremismo”.
Poi prosegue presentando ai talebani le condizioni per la pace, come fosse in una posizione di forza e non assediato nel proprio Paese: “Vogliamo che tutti gli afghani mettano fine a questa guerra durata 40 anni, ma sono necessarie una serie di precondizioni, che includono il decentramento, l’autonomia e il trasferimento di potere a livello regionale”, spiega il leader 32enne, ricalcando quanto annunciato già stamattina su Twitter dal responsabile delle relazioni estere della resistenza in Panjshir, Ali Maisam Nazary. “Inoltre, i talebani dovrebbero dire di no a qualsiasi forma di estremismo e alla presenza di gruppi terroristici sul suolo afghano”.
Massoud chiede quindi una “condivisione del potere”. “Non vogliamo che le nostre terre siano governate con la forza da nessuno”, tuona il capo della resistenza panjshiri. “È vero che i talebani non sono cambiati, ma siamo ancora in grado di sederci con loro e dialogare: stiamo già parlando con il movimento e speriamo di trovare una via d’uscita per porre fine a qualsiasi ostilità: dicono di essere contro il terrorismo internazionale, ma devono dimostrarlo nella pratica”.
Infine, il leader afghano minaccia i talebani in caso di invasione del Panjshir. “Non vorremmo prendere le armi, ma siamo pronti a combattere se invaderanno il Panjshir: è vero che possono venire in pace – senza armi – ma se arrivano armati siamo pronti a difendere la nostra terra fino all’ultimo uomo”. Eppure, conclude Massoud, “bisogna dare una possibilità alla pace, anche a una pace con i talebani”.