Afghanistan, il leader della resistenza Massoud: “Non ci arrenderemo ai talebani”
“Nessuna resa. Preferirei morire, piuttosto che arrendermi. Sono figlio di Ahmad Shah Massoud: ‘resa’ è una parola che non esiste, nel mio dizionario”. A dirlo, in un’intervista al filosofo francese Bernard-Henri Lévy pubblicata su Repubblica, è il leader della resistenza afghana Ahmad Massoud, figlio del leggendario “leone del Panshir”, Ahmad Shah Massoud, che si oppose sia all’occupazione sovietica sia al governo autoritario dei talebani e fu ucciso proprio dai talebani alcuni giorni prima degli attentati dell’11 settembre 2001.
Pochi giorni fa, Massoud ha lanciato un appello alla resistenza contro i talebani dalla valle del Panshir, a un centinaio di chilometri a nord di Kabul. “Come le ho detto la mattina della caduta di Kabul, l’ultima volta che siamo riusciti a sentirci, abbiamo perso una battaglia, ma non la guerra, e io sono più determinato che mai”, dice ora Massoud a Lévy, definendo “propaganda” le voci secondo le quali si starebbe preparando ad abbandonare la lotta. “Non se ne parla, anzi, la nostra resistenza, qui nel Panshir, è appena iniziata”, assicura.
Tuttavia, Massoud sottolinea di essere disposo a “parlare” con i talebani. “Sono un uomo di pace e voglio il bene del mio popolo”, spiega. “Pensi se i talebani si mettessero a rispettare i diritti delle donne, delle minoranze; e la democrazia, le basi di una società aperta e tutto il resto. Perché rinunciare a dire loro che tali principi avrebbero effetti positivi su tutti gli afghani, talebani compresi? Tuttavia ripeto, e torno a ripetere, che non accetterò mai una pace imposta, il cui unico merito sia l’apporto di stabilità. La libertà e i diritti umani sono beni di un valore incalcolabile, non si possono barattare con la stabilità di una prigione”.
“I talebani sono pericolosi”, riconosce il leader della resistenza, “Hanno fatto man bassa nei depositi d’armi degli americani”. Massoud spiega che “quelle armi, quell’artiglieria, gli elicotteri, i carri armati di fabbricazione americana” oggi “sono finiti proprio nelle mani dei talebani”, ma ricorda che “le montagne del Panshir, però, hanno una lunga tradizione di resistenza. Né i talebani, prima del 2001, né i sovietici, prima di loro, sono riusciti a violare questo santuario. Credo che anche per oggi continuerà a essere così”.
“Restiamo saldi nella tempesta, e il vento finirà per soffiare a nostro favore. Lo farà con più forza se riceveremo aiuto”, aggiunge il leader afghano, specificando che l’aiuto sarà accettato “da chiunque vorrà prestarcelo” e invocando l’intervento della Francia. “Quando sono venuto a Parigi ho incontrato, insieme a lei, il presidente Macron. Sono rimasto molto colpito da quel giovane presidente che ammirava mio padre e il presidente De Gaulle. Non riesco a immaginare che possa lasciarci soli. Sa che i resistenti del Panshir sono uno scudo contro la barbarie. E non soltanto per il popolo afghano, ma per i liberi cittadini del mondo intero”.
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