Afghanistan, due giornalisti frustati dai talebani perché documentavano una manifestazione di donne
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Due giornalisti afghani sono stati frustati dai talebani. La loro colpa? Coprire una protesta delle donne a Kabul davanti a una stazione di polizia. Nematullah Naqd, 28 anni, era insieme al suo collega Taqi Darybai, 22 anni, del quotidiano locale Etilaatroz. “Un talebano mi ha messo un piede in testa, schiacciandomi la faccia a terra. Mi hanno preso a calci in testa…ho pensato che sarei morto”.
I due giornalisti hanno raccontato di essere stati prelevati e portati alla caserma della capitale afgana, poi presi a pugni e picchiati con manganelli, cavi elettrici e fruste, accusati anche di aver organizzato quella protesta. Appena ha iniziato a scattare foto, Nematullah Naqd è stato subito avvicinato dai combattenti, li hanno arrestati e sequestrato i cellulari. Per salvare la sua fotocamera l’ha lanciata tra la folla. Poco dopo il pestaggio i due sono stati rilasciati senza spiegazioni. I talebani hanno dichiarato illegali le dimostrazioni di protesta non autorizzate dal ministero della Giustizia. Negli ultimi giorni decine di giornalisti hanno riferito di essere stati aggrediti o detenuti o di non aver potuto documentare le manifestazioni.
🎥آیا طالبان تغییر کرده؟ تن زخمی و شلاقخورده دو خبرنگار افغان در مقابل دوربین خبرگزاری فرانسه
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— euronews فارسی (@euronews_pe) September 9, 2021
Lorenzo Cremonesi, inviato del Corriere della Sera a Kabul, li ha incontrati: il direttore del giornale, Zaki Daryabi, 33 anni, sottolinea che almeno 5 dei suoi 45 giornalisti sono stati arrestati negli ultimi giorni. “Per noi è l’eclissi dell’era della libertà di stampa in cui siamo cresciuti negli ultimi vent’anni. Siamo tutti minacciati, non ci resta che denunciare pubblicamente gli abusi nella speranza che la comunità internazionale possa aiutarci”, spiega. Ma è ben consapevole del fatto che le pressioni delle democrazie possono ben poco contro la brutalità dei nuovi padroni dell’Afghanistan. “Temo che dei nostri e vostri appelli a loro importi molto poco. Sono un regime allo stesso tempo teologico e politico. I loro poliziotti e militari si presentano come custodi della vera fede. Criticarli è come criticare Allah”, dice sconsolato.