In Afghanistan le donne combattono per l’indipendenza giocando a bowling
In Afghanistan l’idea che certe cose le donne non le debbano fare è ancora molto radicata. Eppure piccole rivoluzioni come questa del gioco del bowling possono essere un segnale importante. La storia di Zohal
In Afghanistan le donne combattono per l’indipendenza giocando a bowling.
L’indipendenza e l’emancipazione femminile non sono per niente scontate in una città come Kabul, che ancora fa fatica a vivere una vita tranquilla, alla rincorsa del benessere e del progresso.
Gli ostacoli sono dietro l’angolo, però può capitare che la sfida agli oscurantismi arrivi rotolando su un parquet, con una luce al neon viola e una musica dance in sottofondo.
Nessun imbarazzo, nessuna paura. Solo jeans e scarpette basse. Proprio in una città che per anni ha fatto dell’odio per gli americani la sua identità, il più yankee degli sport, il bowling, è diventato un passatempo lontano dalle tensioni ma soprattutto rappresenta una delle nuove frontiere per le giovani donne di Kabul.
“Ho iniziato per caso – racconta Zohal, che ha 21 anni e vive nella capitale insieme alla sua famiglia– un giorno sono entrata al Bravo Bowling per accompagnare un amico e ho scoperto questo mondo incredibile.
Il Bravo Bowling di Kabul non è l’unico. Il primo ad aprire, in verità, è stato The Strikers, la prima pista di tutto l’Afghanistan gestita da una donna afghana-canadese, ma i prezzi sono molti alti, sia per una partita che per una cena: 35 dollari l’ora solo per giocare su una corsia, una cifra che è circa 20 volte la paga giornaliera media nel Paese.
Quando il The Strikers ha iniziato ad attirare l’attenzione, alcuni giovani imprenditori hanno intuito che poteva essere uno spunto per una nuova proficua attività e così, poco dopo, a pochi passi dal fiume Paghman, nel quartiere di Khart –e- Char, è sorto il Bravo Bowling.
Ci sono voluti mesi di lavoro e molti soldi per importare macchinari e attrezzature, ma alla fine la pista ha aperto. “Sembrava un universo parallelo, credetemi al’hamudillah – dice Zohal – un mondo sospeso in cui potevo pure dimenticarmi in quale parte del mondo vivessi, se non fosse stato per le esclamazioni di esulto nella mia lingua. Ho deciso che mi piaceva moltissimo e che volevo provare. Il mio amico non era molto convinto. Non c’erano ragazze che giocavano in quel momento.
Ce n’era qualcuna che guardava il marito, seduta sui divanetti, ma nessuna aveva le scarpette. Io, però, ho insistito”. E così Zohal, per la prima volta, ha infilato tre dita nei fori di una palla verde e l’ha lanciata sul legno lucido della pista. È andata nella canalina laterale e i giocatori alle piste accanto l’hanno guardata.
“In quel momento – ha confessato Zohal – sia a me sia al mio amico si è gelato il sangue. Ho avuto paura che mi sbattessero fuori, che insultassero lui per avermi lasciata giocare”.
Quel che è successo dopo, invece, segna una svolta. Ridono tutti e qualcuno le cerca di spiegare quel è la posizione giusta del polso e delle spalle. Non la toccano, ovviamente, ma sono cordiali e le danno preziosi suggerimenti. Al tiro successivo Zohal fa cadere un birillo al centro.
“È stato emozionante quel momento, perché mi sono sentita fiera di me e non solo perché fossi riuscita a buttare giù un birillo, ma soprattutto perché mi ero esposta come donna e non ho lasciato che la paura mi paralizzasse”.
Un grande passo per le ragazze di Kabul ma soprattutto per lei, che anni fa è stata colpita alla schiena da un talebano mentre cercava di scappare durante un attacco. Per quell’incidente non ha, fortunatamente, avuto gravi conseguenze ma per tanto tempo le è rimasto appiccicato addosso uno senso di insicurezza e terrore.
“Quell’euforia che ho provato volevo davvero che la sentissero anche le mie amiche – ha detto Zoahal- e allora ho cercato di convincerle a venire con me. All’inizio è stato difficile e sono riuscita a trascinarmi dietro solo due delle mie compagne. Eppure, al The Strikers, stavano iniziando ad andare altre donne, ma di un’altra categoria sociale, più ricche, più adulte, più libere, forse”.
Ma la giovane atleta non si è fermata e facendo divertire due amiche ne ha convinte poi ancora altre due, poi quattro fin quando il Bravo Bowling si è riempito di giovani ed è diventato un punto d’incontro per diverse generazioni. Le minacce ai gestori da parte dei talebani sono arrivate poco dopo, però loro non hanno voluto cedere.
Solo che ora all’ingresso c’è un metal detektor, un rilevatore di polvere da sparo e poi c’è un bodyguard che controlla tutti. Ma varcata la tenda che separa la porta dalle piste, la tensione si scioglie e adrenalina e agonismo contagiano tutti, uomini e donne.
“Per fortuna non abito lontano e io alle mie amiche almeno una volta a settimana per un paio d’ore andiamo lì ad allenarci – dice ancora Zoahl – Un giorno ho visto che gli uomini stavano facendo una gara e ho pensato che anche noi ragazze potevamo organizzare un torneo. Ho chiesto ai gestori del posto come potevamo fare e loro mi hanno spiegato che non potevamo organizzarci da sole, ma avremmo dovuto avvisare la lega dello sport”.
Da quando la mania del bowling ha contagiato l’Afghanistan, infatti, è sorta subito una federazione, anche molto attiva: la Afghanistan bowling federation. Il presidente si chiama Idrees Faroqi e quando Zohal e le sue amiche hanno proposto un campionato femminile non ci ha pensato due volte prima di dar loro il consenso.
“Il nostro obiettivo qui in Afghanistan è vivere serenamente e dobbiamo spingere verso la normalizzazione delle situazioni, pur rispettando i precetti della religione e le norme di comportamento – ha spiegato Faroqui – ma fin tanto che si gioca in un posto pubblico tutti insieme non vedo che cosa ci possa essere di male”.
Non è una cosa semplice come potrebbe sembrare gestire una federazione simile in Afghanistan. “Quando inizi qualcosa di nuovo – spiega Idrees Faroqi – sai che rischi grosso, ma siamo stufi di aver le ali bloccate e di pensare in piccolo. Le nostre idee sono grandi e non voglio che ne’ le mie ne’ quelle degli atleti vengano sepolte da minacce e paura”.
Il primo torneo è stato organizzato lo scorso 8 marzo, per la festa della donna, e Zohal ha vinto una coppa di cui è molto fiera.
“Quando sono tornata a casa con il premio, mia madre si è arrabbiata – ha raccontato divertita Zohal – mi ha detto “ va bene giocare, ti ho dato il permesso, ma devi anche umiliare i maschi ora…?” Ride. “Lei non ha capito esattamente come funziona, non ci vuol venire al Bravo bowling, anche se sono fortunata ad avere una famiglia dalla mentalità così aperta”.
Alcune delle amiche di Zohal e delle amiche delle amiche che sono arrivate al Bravo Bwoling per giocare, invece, poi non si sono fatte più vedere, perché padri, mariti, fidanzati gliel’hanno impedito.
In Afghanistan l’idea che certe cose le donne non le debbano fare è ancora molto radicata, in città come nelle campagne. Eppure piccole rivoluzioni come questa del gioco del bowling che Zohal ha contribuito a diffondere possono essere un segnale importante.